Faini Case: domande e risposte

FAQ – Amministrazioni

FAQ – Amministrazioni


L'ESPERTO RISPONDE
Condominio, amministratori e Coronavirus: le risposte degli esperti a 35 FAQ

1.1 - Si può svolgere l'assemblea condominiale in modalità online? C'è il rischio delle impugnazioni delle delibere assunte?

Risponde Lorenzo Cottignoli (presidente nazionale LAIC)

Allo stato, la normativa non prevede espressamente lo svolgimento di assemblee in videoconferenza, il che non significa che le stesse siano vietate o illegittime. Sul punto, la giurisprudenza è pressoché inesistente e la dottrina è divisa: si tratta evidentemente di una prospettiva che prima d’ora non è stata presa in considerazione se non marginalmente e che oggi viene alla ribalta per la necessità di proseguire la gestione ordinaria e straordinaria del condominio, assicurare l’approvazione dei bilanci e dunque il flusso di cassa del pagamento delle rate condominiali per poter consentire, così, il pagamento dei fornitori ed il mantenimento in essere di quei servizi comuni, oggi più che mai indispensabili per una popolazione costretta all’interno delle proprie abitazioni, quali luce, forza motrice ascensore, riscaldamento, pulizie e sanificazione delle parti comuni, portierato, etc..   I punti critici della riunione in videoconferenza possono essere facilmente elencati:

  • CONVOCAZIONE. Dovrà avvenire nelle modalità di legge (fax, raccomandata a/r, pec, consegna a mani), ma è uso diffuso che il condomino autorizzi l’amministratore ad inviare la stessa via email e, come noto, ove vi sia prova scritta di tale autorizzazione, la forma è considerata lecita dalla giurisprudenza di merito.
  • ACCESSO AL WEB. Sicuramente l’aspetto più delicato della tematica e quello che raccoglie le maggiori obiezioni, in assenza di una norma specifica. Va tuttavia tenuta distinta la scarsa volontà di usare il mezzo informatico, dalla impossibilità di fruirne. Tutti noi stiamo diventando esperti, in questi giorni, dell’uso delle comuni piattaforme di videoconferenza, generalmente gratuite per chi viene “invitato” ad utilizzarle, e capaci di realizzare meeting a distanza sia per realtà aziendali che per classi scolastiche od universitarie e che parimenti si potrebbero ben prestare all’uso per una assemblea telematica. Si può ritenere che l’accesso al web sia oggi diffuso e fruibile da chiunque – sia esso uno studente, un lavoratore, una famiglia, un pensionato – prescindendo dal proprio grado di istruzione od alfabetizzazione informatica, possegga uno smartphone o un pc e pur tuttavia, non obbligatorio. Dunque, in assenza di una previsione normativa in tal senso, è oggi impugnabile da chi affermi di non avervi potuto partecipare per non disporre di un accesso internet, l’assemblea che sia convocata in modalità di videoconferenza senza aver avuto un previo consenso di tutti i partecipanti al condominio sull’uso di tale modalità, o senza che via sia la unanime partecipazione di tutti alla stessa, in ragione dell’eccepibilità della impossibilità di partecipare all’assemblea in assenza di un accesso web.
  • DELEGHE. Superato l’aspetto del consenso all’uso del mezzo informatico, va considerato che la delega deve avere, per previsione legislativa, forma scritta: nulla vieta, peraltro, che la stessa possa essere fotografata o scansionata e trasmessa telematicamente sulla piattaforma per essere inoltrata al presidente ed al segretario dell’assemblea.
  • VOTAZIONI. Le piattaforme comunemente in uso consentono, al di là dell’espressione verbale, l’utilizzo di mezzi di espressione del consenso o del dissenso, che permettono pertanto di raccogliere la volontà assembleare da parte del presidente e del segretario verbalizzante.
  • VERBALE. La redazione del verbale potrà certamente essere svolta in modalità telematica, ed anzi più agevolmente condivisa tra tutti i partecipanti, così come eventuale documentazione. La sottoscrizione del verbale potrà avvenire mediante stampa dello stesso in due copie identiche da parte del segretario e del presidente, sottoscrizione ed invio ai presenti mediante foto riproduzione o scansione. Va precisato, peraltro, come la sottoscrizione del processo verbale non abbia valore costitutivo ma solo probatorio, e pure come la stessa ben potrà avvenire anche con firma digitale, ove se ne fosse provvisti.

Si tratta di nuove frontiere alle quali attualmente sono abituati solamente le realtà aziendali e professionali, ma la diffusione del mezzo telematico, oggi forzatamente necessitata dalla contingente emergenza, ove già non lo fosse, sarà verosimilmente acquisita dalla giurisprudenza come fatto diffuso e notorio, ovvero appartenente alla comune conoscenza, e l’eccepibilità relativa alla non disponibilità di un accesso web per partecipare all’assemblea condominiale perderà gradatamente di forza sino a rendere – anche se oggi ancora non si può definire tale – non impugnabile l’assemblea tenuta in videoconferenza, pure in assenza dell’unanimità dei consensi sulla sua (innovativa) modalità.

1.2 - Con l'impossibilità di svolgere fisicamente le assemblee condominiali, come rispettare le tempistiche dalla legge per l'approvazione del rendiconto?

Risponde: l’avvocato Emanuele Bruno (www.studiobruno.info)

Sarebbe opportuna una espressa previsione normativa. Attualmente, invece, i vari D.P.C.M. nulla dicono in merito alle gestioni condominiali. Ricordiamo innanzitutto alcune scadenze.

  • Termine per approvazione rendiconto: Art. 1130 c.c., n. 10 – entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
  • Decorrenza del termine: La tesi prevalente indica la durata libera dell’anno di gestione, ovvero, trecentosessantacinque giorni decorrenti dall’avvio della gestione non per forza coincidente con il 01.01. Cass. 22 marzo 2017 n. 7395, ha fatto coincidere l’anno di gestione con l’anno solare, ma è stata criticata da più parti. Difficile comprendere perché la durata del bilancio condominiale debba essere individuata secondo un criterio diverso da quello previsto per le società e gli enti. Nonostante le perplessità, il termine di 180 giorni decorre dalla chiusura dell’esercizio che deve essere individuato caso per caso, non per forza coincidente con l’anno solare (31.12).

Ora esaminiamo il rendiconto dal punto di vista giuridico e dottrinale.

  • Adempiere all’obbligo informativo: l’approvazione del rendiconto annuale corrisponde ad adempiere l’obbligo informativo in favore dei condòmini e si sostanzia in tre fasi:
    1. PRELIMINARE: informazione necessaria a consentire partecipazione consapevole all’assemblea,
    2. DISCUSSIONE/DELIBERAZIONE assembleare consapevole,
    3. TERMINE DI IMPUGNAZIONE: per garantire agli assenti e dissenzienti la possibilità di impugnare il verbale.

Il divieto di assembramenti e gli attuali obblighi sanitari, esclude, almeno sino al 03.04.2020, la possibilità di convocare e tenere assemblee, anche se in realtà è possibile, anche in condizioni ordinarie, effettuare assemblee in videoconferenza purché siano garantite le tre fasi sopra richiamate.

  • Sospensione del termine: in materia condominiale, sino ad ora, non v’è sospensione.

Il blocco delle assemblee condominiali, attualmente in atto, potrebbe non consentire il rispetto del termine di 180 giorni. Il D.L. 18/2020, in materia societaria, ha però espressamente disciplinato la possibilità di tenere assemblee ordinarie (approvazione del bilancio) a distanza e mediante votazione in forma scritta (art. 106).

  • In attesa di provvedimenti specifici, si potrebbero seguire i seguenti principi:
    • Videoconferenza: attuarla ove è possibile per consentire l’adesione di tutti i condòmini, anche per delega, nel rispetto dei principi sopra esposti.
    • Adempiere all’obbligo informativo nel rispetto del termine di 180 giorni, quindi, inoltrare ai condòmini la documentazione di cui all’art. 1130 bis c.c..
    • Esercizio provvisorio, con la massima trasparenza ed informazione, in applicazione dell’art. 1133 c.c., in adempimento dell’obbligo di provvedere alla riscossione dei contributi per la gestione ordinaria ex art 1130 c.c., comma 1, n. 3, appare opportuno predisporre bilancio preventivo provvisorio da sottoporre a successiva ratifica assembleare così da provvedere alla riscossione dei contributi. Devono essere escluse spese straordinarie mentre quelle urgenti dovranno essere trattate come da giurisprudenza consolidata in materia di somma urgenza.
    • Comunicare le ragioni che impediscono la convocazione tempestiva dell’assemblea e la conseguente scelta di avviare una “gestione provvisoria” soggetta a ratifica.

Operando in questo modo si escludono tutti i rischi per l’amministratore? Il mancato rispetto del termine di 180 giorni è causa di revoca e di responsabilità per l’amministratore. Ciò che, attualmente, impedisce il rispetto del termine è un evento eccezionale ed imprevedibile. Operando nei termini suggeriti, ove occorra, si potrà dimostrare di:

  • aver adempiuto con diligenza agli obblighi derivanti dal mandato,
  • aver informato correttamente i condòmini,
  •  aver operato in adempimento dei poteri/doveri ex lege (ordinaria amministrazione anche in caso di prorogatio),

Quindi, si potrà dimostrare la diligenza ed il corretto operato e di non aver arrecato nocumento al condominio (principio spesso richiamato nelle valutazioni della Corte di Cassazione). L’art. 64 disp. att. c.c. prevede che il tribunale adito per la revoca ascolti le ragioni dell’amministratore, e quest’ultimo potrà dimostrare diligenza e trasparenza del suo operato. Inoltre, predisponendo e comunicando tutta la documentazione utile al rendiconto (art. 1130 bis c.c.), appena riprenderanno le attività, si potrà essere più rapidi nelle convocazioni.

2.1 - Esiste un decalogo ufficiale di regole di igiene e sicurezza da rispettare in ambito condominiale?

Risponde Andrea Tolomelli (presidente nazionale Abiconf)

Ad oggi non risultano specifiche indicazioni da tenere nei condomini, se non i consigli generici da attuare: quali il lavaggio costante delle mani, evitare il contatto diretto delle superfici, la pulizia di maniglie, bottoniere degli ascensori e porte d’ingresso comuni con prodotti a base alcolica. Saranno le imprese di pulizia – ove incaricate – ad adottare i “protocolli” che riterranno più opportuni anche con l’ausilio dei loro responsabili tecnici. Nel caso di dipendente addetto alle pulizie, dovrà essere l’amministratore a dare tali istruzioni al pulitore o al portinaio. Ricordo tra l’altro che, ove il dipendente avrà frequentato regolarmente i corsi per la sicurezza normalmente previsti, sarà di certo un valore aggiunto per tutto il condominio in quanto avrà maturato una generale preparazione per affrontare le tematiche afferenti alla sicurezza nell’ambito del suo settore. Ovviamente, in maniera volontaria i condòmini potranno richiedere all’amministratore la sanificazione da parte di aziende specializzate nel settore, specie innanzi a casi più preoccupanti ove si riscontrino diverse persone malate nello stabile. Anche qui sarebbe stato opportuno organizzare un sistema di comunicazioni tra amministratori di condominio ed Autorità sanitarie per valutare modalità condivise d’intervento; sempreché ci siano ad oggi efficaci interventi attuabili e non solo palliativi per tenerci occupati. Ciò per quanto a livello nazionale. Localmente, invece, potrebbero sussistere specifiche ordinanze comunali o regionali per le aree più colpite. Va però considerato, soprattutto nell’eventuale promulgazione di ordinanze a livello locale, il difficile reperimento e la altrettanto difficoltosa consegna delle sostanze per l’igienizzazione e la pulizia e per i dispositivi di protezione individuali. Come pure che molti condomini provvedono in autonomina alla pulizia delle parti comuni per economizzare le spese e dunque l’amministratore non dispone dei mezzi e delle risorse necessari a far fronte ad eventuali nuovi appalti di imprese specializzate e/o acquisto di prodotti. Per di più, va osservato che, gli studi di amministrazione, sia pure aperti, hanno dovuto ricorrere a strumenti di smart working e cassa integrazione, con notevole riduzione delle disponibilità di personale. Inoltre, è ad oggi anche normativamente molto dubbio che gli stessi possano provvedere a consegne presso i condomini amministrati.

2.2 - In quanto amministratore, devo affiggere in bacheca o comunicare eventuali indicazioni di comportamento da tenere in condominio?

Risponde Andrea Tolomelli (presidente nazionale Abiconf)

Non ci sono obblighi in materia, ma opportunità. Tutto può offrire un valido contributi. Credo che la nozione più utile sia quella di evitare “affollamenti” in ascensore anche per il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro tra persone; quindi utilizzare l’ascensore uno alla volta. Sarà anche opportuno evitare affollamenti negli spazi comuni quali cortili, vani scale o parcheggi, in questo periodo spesso utilizzati impropriamente quali luoghi di ritrovo o di gioco bimbi.

2.3 - Quali responsabilità hanno il condominio e l'amministratore nei confronti di dipendenti quali la portinaia o la donna delle pulizie?

Risponde Andrea Marostica (www.avvocatoandreamarostica.it)

Il dipendente assunto dal condominio rientra solitamente nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati: è il caso del portiere anzitutto, ma anche dell’addetto alla vigilanza, alla custodia, del personale addetto alla pulizia o alla manutenzione, del giardiniere (si tratta quindi dei casi in cui queste mansioni sono svolte nell’ambito di un contratto di lavoro subordinato e non di un contratto di appalto). Se il dipendente del condominio rientra nel campo di applicazione di tale contratto, si applica l’art. 3, co. 9, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in base al quale l’amministratore datore di lavoro è tenuto a:

  • formazione e informazione del lavoratore;
  • fornitura al lavoratore dei DPI necessari allo svolgimento del lavoro;
  • fornitura al lavoratore di attrezzature di lavoro conformi al Testo unico.

Se, invece, il dipendente del condominio non rientra nel campo di applicazione del contratto collettivo anzidetto, si applica il D.Lgs. 81/2008 nella sua interezza (a mero titolo esemplificativo: figura del RSPP, figura del RLS, piano di emergenza, primo soccorso, registro infortuni, ecc.). Per quanto riguarda in particolare le operazioni di pulizia, queste devono essere condotte da personale che indossa DPI: filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe. Dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto.

2.4 - Come gestire i lavoratori esterni chiamati ed eseguire interventi indifferibili e con carattere d'urgenza?

Risponde Andrea Marostica (www.avvocatoandreamarostica.it)

L’art. 26 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 si occupa dell’ipotesi nella quale il datore di lavoro rivesta anche il ruolo di committente. In ambito condominiale, ciò si verifica ogniqualvolta sia presente un lavoratore dipendente (ad es., il portiere) e vengano affidati altri incarichi a terzi nell’ambito di un contratto di appalto (ad es., un intervento elettrico). In tali ipotesi, l’amministratore deve, tra gli altri adempimenti:

  • verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi ai quali affida l’attività (mediante: acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; acquisizione di autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi);
  • fornire alle imprese e ai lavoratori autonomi ai quali affida l’attività dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

Se all’amministratore è stata segnalata la presenza nell’edificio di soggetto affetto da COVID-19, egli lo comunicherà al lavoratore, così che questi possa essere informato su questo specifico rischio.

2.5 - Come gestire gli addetti delle ditte adibite all'ordinaria manutenzione?

Risponde Andrea Marostica (www.avvocatoandreamarostica.it)

L’amministratore di condominio informa gli addetti della necessità di osservare le prescrizioni generali quali:

  • lavarsi le mani,
  • non toccarsi naso, occhi e bocca,
  • mantenere la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro,
  • utilizzare mascherine e guanti di protezione.

Può essere inviata una comunicazione a mezzo mail; la medesima comunicazione può essere affissa nella bacheca condominiale. Occorre evitare di svolgere le mansioni negli orari nei quali più facilmente si registrano movimenti nell’edificio, prediligendo invece orari nei quali non vi è probabile transito di persone. L’amministratore promuove il divieto di spostamento delle persone se non per motivi di necessità e urgenza. L’amministratore invita al rispetto delle regole precauzionali, quali ad esempio per l’uso dell’ascensore evitare di toccare le pareti della cabina e lavarsi le mani dopo aver toccato maniglia e pulsanti. Se all’amministratore è stata segnalata la presenza nell’edificio di soggetto affetto da COVID-19, egli lo comunicherà al lavoratore, così che questi possa essere informato su questo specifico rischio (vedi FAQ 2.4).

2.6 - In caso vi siano condomini che non rispettano le prescizioni di legge in materia di sicurezza, distanziamento sociale (ad esempio nelle parti comuni) che poteri ha l'amministratore?

Risponde Lorenzo Cottignoli (presidente nazionale Laic)

In premessa, occorre evidenziare come la situazione emergenziale che stiamo affrontando ci porti in una condizione straordinaria, per la quale le norme d’urgenza che sono state dettate per regolare la comune convivenza vanno lette ed interpretate nella loro effettiva ratio ovvero di limitare ed arginare la diffusione dell’epidemia, e non si possono pertanto cogliere sotto altre interpretazioni. A tale finalità dovrà dunque essere ispirata la condotta dell’amministratore e così anche l’analisi della responsabilità di questi, ove rimanga inerte pur potendo intervenire. Può, dunque, ben darsi il caso nel quale l’amministratore, quale referente della comunità condominiale, possa venire a conoscenza di situazioni nelle quali i condòmini, nonostante i divieti di legge, assumano comportamenti che siano non solo contrari all’attuale normativa d’emergenza adottata con i noti provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma anche alle regole prudenziali comunemente in essere per evitare la diffusione del contagio, quali il mantenimento delle distanze “sanitarie” nei contatti sociali, la permanenza all’interno delle proprie abitazioni ed, in ogni caso, la riduzione al minimo dei contatti sociali stessi. Laddove l’amministratore riscontrasse, dunque, il verificarsi di tali comportamenti, illeciti in quanto potenzialmente pericolosi per la salute pubblica, dovrà (non si tratta di una facoltà, ma di un comportamento finalizzato ad evitare di concorrere colposamente in una forma di reato) disporre dell’uso delle parti comuni, sospendendone la fruizione, a tutti i condòmini. La violazione delle disposizioni dell’amministratore, peraltro, se non costituisce condotta penalmente illecita in sé, potrebbe invece configurare una figura delittuosa nel caso dette disposizioni siano state chiaramente motivate con la necessità di prevenire o limitare le occasioni di contagio e comunque con l’intento di adempiere alle disposizioni legislative in tal senso. L’amministratore che riscontrasse la violazione di tali disposizioni sarà tenuto, pertanto, a darne notizia all’Autorità giudiziaria affinché adotti le iniziative che riterrà opportune.

2.7 - Il portiere dello stabile è in quarantena volontaria/positivo. Posso sospendere il servizio?

Naturalmente, se il dipendente del condominio si trova in quarantena volontaria od in condizioni di positività al virus, l’amministratore dovrà sospendere il servizio di portierato, laddove non sia possibile provvedere all’assunzione temporanea di un sostituto o all’appalto temporaneo del servizio di vigilanza del condominio ad una agenzia privata. Va tenuto conto a tal fine, specialmente sotto il profilo della natura d’urgenza che tale provvedimento può assumere e dunque della assenza di necessità di sottoporre lo stesso ad una delibera assembleare (allo stato, non ipotizzabile) che, in una condizione emergenziale quale quella attuale, la presenza di un servizio di portineria può risultare essenziale per l’attività di pulizia ed in genere per la vigilanza e la presenza all’interno dello stabile, nonché per quei servizi e piccole commissioni che può fornire ai Condòmini, particolarmente preziose, se non per alcuni indispensabili.

2.8 - Se un condomino è risultato positivo al COVID-19, come devo comportarmi? Ci sono procedure che devo adottare come amministratore di condominio?

Non deve assolutamente divulgare la notizia a soggetti terzi senza un esplicito consenso dell’interessato. Lo stato di salute di un individuo è un dato personale e sensibile regolamentato dal General Data Protection Regulation. Eventuali trasgressioni a quanto detto possono far scaturire azioni legali di risarcimento e reati penali. L’amministratore può eventualmente predisporre degli avvisi generici nei quali fornisce indicazioni sulle procedure da adottare nel condominio per la prevenzione del Covid-19.

2.9 - Qual è il modo più sicuro di viaggiare in ascensore durante l’emergenza Covid-19? Quali indicazioni possono essere date ai condòmini?

Le indicazioni che possono essere fornite o comunicate ai condòmini sono diverse. Pulsante, maniglia e bottoniera dell’ascensore possono essere a rischio: quindi bisogna indossare guanti e mascherina quando vi si accede. Se la cabina dell’ascensore non è abbastanza grande da consentire il mantenimento della distanza di un metro dagli altri passeggeri, è necessario viaggiare da soli, utilizzando se possibile, le scale. Sulle scale, usare i guanti monouso per sorreggersi al corrimano, ricordandosi di tenere sempre la distanza di sicurezza dalle persone che precedono/seguono (solitamente 4 scalini). Per essere efficace, la sanificazione dovrebbe essere fatta dopo ogni utilizzo dell’ascensore, ma è impossibile. Quindi non si deve mai abbassare la guardia e, anche indossando i guanti protettivi, ricordarsi di non toccarsi mai il viso. Anche l’accesso all’edificio e alla propria abitazione sono potenzialmente pericolosi: dunque si deve fare attenzione alla maniglia del portone e ai tasti del citofono, in quanto possibili fonti di contagio. Infine, una volta rientrati in casa, lavarsi sempre le mani in modo accurato, per almeno 20 secondi.

2.10 - Ci sono particolari prescrizioni per la differenziazione ed il conferimento dei rifiuti nell'isola ecologica condominiale?

I rifiuti vengono gestiti e raccolti dal singolo Comune che ne determina le sue modalità. Tuttavia, l’Istituto Superiore di Sanita raccomanda, in caso di positività al Covid-19, “a scopo cautelativo fazzoletti o rotoli di carta, mascherine e guanti eventualmente utilizzati, dovranno essere smaltiti nei rifiuti indifferenziati. Inoltre, dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della resistenza meccanica dei sacchetti. Si raccomanda di chiudere adeguatamente i sacchetti, utilizzando guanti monouso, senza comprimerli, utilizzando legacci o nastro adesivo e di smaltirli come da procedure già in vigore (esporli fuori dalla propria porta negli appositi contenitori, o gettarli negli appositi cassonetti condominiali o di strada)”. Utilizzare mascherine FFP2 o FFP3 per la chiusura dei sacchetti.

2.11 - Entro il prossimo 6 maggio occorre conformarsi alle nuove prescrizioni in materia di antincendio. Stanti le attuali difficoltà operative, se non si riesce a rispettare tale termine si va comunque incontro a sanzioni? Che cosa rischiano l’amministratore e il condominio?

Il decreto del Ministero dell’Interno del 25 gennaio 2019 (in Gazzetta Ufficiale n° 30 del 5 febbraio 2019) recante le modifiche al decreto 246 del 16 maggio 1987, prevede all’art. 3 – lettera b) – l’adozione delle nuove e specifiche misure stabilite in decreto entro un anno dall’entrata in vigore dello stesso, quindi entro il 6 maggio 2020. Trattasi sostanzialmente di tutti quegli interventi afferenti alla gestione della sicurezza degli stabili (misure di tipo informativo – organizzativo, informazioni di evacuazione, istruzioni per la chiamata di soccorso, divieti in emergenza in fogli cartelli e comunicazioni) variabili progressivamente a seconda dell’altezza degli edifici. Il decreto alla lettera a) comma 1 dell’articolo 3, stabilisce che l’installazione, ove prevista, d’impianti di segnalazione manuale di allarme incendio e di sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza è attuabile in due anni dall’entrata in vigore del decreto. Al comma 2 sempre del citato articolo 3 si dispone, infine, che per gli edifici di civile  abitazione  esistenti  alla  data  di entrata in vigore del presente decreto soggetti agli  adempimenti  di prevenzione incendi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, viene comunicato al Comando  dei  vigili  del fuoco l’avvenuto adempimento agli adeguamenti previsti  al  comma  1, all’atto della presentazione della attestazione di rinnovo  periodico di conformità antincendio,  di  cui  all’art. 5  del  decreto  del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Il Comando Nazionale dei Vigili del fuoco con sua circolare dello scorso 19 marzo ha chiarito alcuni aspetti relativi alla prevenzione incendi contenuti nel decreto legge 17 marzo 2020, n° 18 ed in particolare ha affermato che: All’art. 103 (sospensione nei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza) ove si stabilisce la sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi prevedendo che ai fini del computo dei termini perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020, trova applicazione, ad avviso del Comando ai procedimenti ed ai controlli di cui al DPR 151/2011. Al comma 2, del medesimo articolo 103, ove si prevede che i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni ed atti abilitativi comunque denominati in scadenza tra il 31 gennaio ed il 15 aprile 2020, conservando la loro validità fino al 15 giugno 2020, sempre ad interpretazione del Comando, ricadono in tale fattispecie le attestazioni di rinnovo periodico della conformità antincendio di cui all’art. 5 del DPR 151/2011. Ricordiamo che, il DPR 151/2011 individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e detta la disciplina per il deposito ed esame dei progetti, per le visite tecniche, per l’approvazione di deroghe a specifiche normative, per la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Riportati i suddetti riferimenti normativi, ad oggi, purtroppo, pur apprezzando lo sforzo interpretativo del Comando dei Vigili del Fuoco, non si può rassicurare sul fatto che, i termini per tutti gli adempimenti ed adeguamenti previsti per il prossimo 6 maggio 2020 (come imposti dal  citato DL del 25 gennaio 2019) siano stati sospesi o differiti. In quanto non è automatica e certa l’assimilazione delle procedure previste dal DPR 151/2011 ai procedimenti amministrativi pendenti di cui all’articolo 103 del DL 18/2020. Tra l’altro anche una eventuale sospensione di cinquantadue giorni non risolverebbe di fatto il problema. Ecco perché come ABICONF, con nostra del 25 marzo u.s., rifacendoci ad una specifica richiesta della Rete delle Professioni tecniche, abbiamo richiesto al Comando Nazionale dei Vigili del fuoco un chiaro e preciso differimento di ogni termine temporale in materia di sicurezza antincendio, per un periodo congruo alla durata delle restrizioni imposte alle attività produttive e professionali e comunque non inferiore a 120 giorni. A tal proposito, è di immediata evidenza che, stante le restrizioni imposte dalle ordinanze emergenziali di queste ultime settimane, vi sono oggettive difficoltà ed impossibilità per i necessari sopralluoghi, incontri con i tecnici ed imprese, decisioni degli organi collettivi condominiali (assemblee e consigli di condominio) e lavorazioni da attuare negli spazi comuni in Condominio (non rappresentando molte delle operazioni previste i caratteri dell’urgenza e della necessità tali da giustificare spostamenti e lavorazioni negli spazi comuni). Se lo spirito dei provvedimenti attualmente emessi per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso è quella di “ibernarci” per superare il problema epidemiologico per poi riprendere a lavorare con tutte le forze preservate, è bene che ci sia la più ampia chiarezza nel differimento di ogni termine o scadenza che non rappresenti un impellente e necessario adempimento.

3.1 - Le udienze in materia condominiale sono tutte sospese?

  1. Il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020.
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai procedimenti penali in cui i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale scadono nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020.
  3. Nei giudizi disciplinati dal codice del processo amministrativo sono ulteriormente sospesi, dal 16 aprile al 3 maggio 2020 inclusi, esclusivamente i termini per la notificazione dei ricorsi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 3, dello stesso codice.
  4. La proroga del termine di cui al comma 1, primo periodo, si applica altresì a tutte le funzioni e attività della Corte dei conti, come elencate nell’articolo 85 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.
Risponde Rodolfo Cusano

Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020. È quanto disposto nel Decreto Legge n. 11 dell’8 marzo 2020, poi prorogato ed ampliato dal Decreto- legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020 il quale ha disposto, appunto, un ulteriore slittamento delle udienze e dei termini per tutti i procedimenti civili e penali pendenti. Oltre a disciplinare il nuovo differimento, l’art. 83 del DL n. 18/2020 fornisce chiarimenti in ordine all’estensione della sospensione dei termini, così come anche sollecitati dagli addetti ai lavori. Si prevede, così:

  • il rinvio d’ufficio, a data successiva al 15 aprile 2020, delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari dal 9 marzo al 15 aprile 2020;
  • la sospensione, dal 9 marzo al 15 aprile 2020, del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, impugnazioni comprese, ed anche per la proposizione degli atti introduttivi dei giudizi.

Quindi, sono sospesi tutti i termini processuali, ivi comprese le impugnazioni delle delibere assembleari. Qui la precisazione, testualmente: “per la stessa durata, si intendono sospesi i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali.”. Come già sancito, qualora il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. A seguire, un’ulteriore puntualizzazione: “Nei casi in cui il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.”. Non si ritiene che le cause condominiali, in genere, possano rientrare nelle cause di eccezione previste all’art. 2 della stessa norma ed in particolare al suo ultimo punto che per dovizia di precisione si riporta integralmente: “Al rinvio d’ufficio fanno eccezione, nel settore civile, le udienze per:(omissis);

  • procedimenti di cui all’articolo 283, 351 e 373 del codice di procedura civile e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti.

3.2 - Come incidono eventuali sospensioni sui termini relativi alla mediazione civile?

  1. Il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020.
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai procedimenti penali in cui i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale scadono nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020.
  3. Nei giudizi disciplinati dal codice del processo amministrativo sono ulteriormente sospesi, dal 16 aprile al 3 maggio 2020 inclusi, esclusivamente i termini per la notificazione dei ricorsi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 3, dello stesso codice.
  4. La proroga del termine di cui al comma 1, primo periodo, si applica altresì a tutte le funzioni e attività della Corte dei conti, come elencate nell’articolo 85 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.
Risponde Antonietta Strada

Per il periodo dal 9 marzo al 15 aprile, se la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale (mediazione obbligatoria) e se l’istanza è stata depositata prima del 9 marzo i termini per lo svolgimento di qualunque attività e quelli di durata massima del procedimento sono sospesi (art. 83 comma 20 D.L. 18/2020): gli incontri già fissati devono essere rinviati a data successiva al 15 aprile oppure si ritiene possano essere confermati, ma solo se le parti espressamente e concordemente manifestino la volontà di svolgere l’incontro con modalità telematica (non tutti gli Organismi però garantiscono questa possibilità). Se l’istanza di una mediazione obbligatoria viene depositata dopo il 9 marzo (non di persona, ma con pec o on line attraverso il sito dell’Organismo), l’incontro verrà fissato dal 16 aprile in poi. Della mediazione volontaria la norma non fa cenno, ma si ipotizza possano valere le medesime regole.

3.3 - I termini per l’impugnazione delle delibere assembleari sono anch’essi sospesi?

  1. Il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020.
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai procedimenti penali in cui i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale scadono nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020.
  3. Nei giudizi disciplinati dal codice del processo amministrativo sono ulteriormente sospesi, dal 16 aprile al 3 maggio 2020 inclusi, esclusivamente i termini per la notificazione dei ricorsi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 3, dello stesso codice.
  4. La proroga del termine di cui al comma 1, primo periodo, si applica altresì a tutte le funzioni e attività della Corte dei conti, come elencate nell’articolo 85 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.
Risponde Rodolfo Cusano

Il Decreto Legge n. 11 dell’8 marzo 2020 è stato oggetto di proroga ed ampliamento da parte del Decreto- legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020, il quale ha disposto appunto, un ulteriore slittamento delle udienze e dei termini per tutti i procedimenti civili e penali pendenti, portandolo dalla data di inizio del 9 marzo 2020 fino al 15 aprile 2020 (prima fino al 22 marzo). Oltre a disciplinare il differimento, l’art. 83 del DL n. 18 del 17 marzo 2020, ha infatti fornito chiarimenti in ordine all’estensione della sospensione dei termini, si prevede, così:

  • non solo il rinvio d’ufficio, a data successiva al 15 aprile 2020, delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari dal 9 marzo al 15 aprile 2020;
  • ma ha anche chiarito che la sospensione, dal 9 marzo al 15 aprile 2020, riguarda anche il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, impugnazioni comprese, ed anche per la proposizione degli atti introduttivi dei giudizi.

Quindi, sono sospesi tutti i termini processuali, ivi comprese le impugnazioni delle delibere assembleari. Al punto 20 dello stesso art. 83 è inoltro disposto che sono inclusi nella sospensione, inoltre, i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione e di negoziazione assistita nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie “quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale”. Si pensi all’impugnazione della delibera assembleare ed a tutta la materia del condominio laddove l’art. 71 quater Disp. Att. prevede l’obbligo del preventivo esperimento della mediazione. Questi i chiarimenti forniti, dal Governo nella relazione tecnica: “La prima modifica al comma 2, con la sostituzione del riferimento ai “procedimenti indicati al comma 1” con quello ai “procedimenti civili e penali”, chiarisce ed estende la previsione originaria: da un lato, infatti, rende evidente l’amplissima portata che la sospensione ivi prevista deve avere (da riferirsi a tutti i procedimenti civili e penali e non certo ai soli procedimenti in cui sia stato disposto un rinvio di udienza); dall’altro lato, considerata la straordinaria emergenza che l’aggravamento della situazione epidemica in atto sta producendo anche sulla funzionalità degli uffici, dilata la sospensione oltre i confini della “pendenza” del procedimento. Si è dovuto constatare, infatti, in relazione alla previsione originaria di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, il fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro. Con riguardo al riferimento alla “pendenza” dei giudizi – che aveva indotto in alcuni il dubbio circa, ad esempio, l’estensione della sospensione al termine per la proposizione dell’impugnazione delle sentenze (nonostante la chiara collocazione della pendenza dei procedimenti, sia civili che penali, nell’intervallo segnato, da un lato, dall’atto introduttivo del giudizio o, rispettivamente, dall’iscrizione della notizia di reato e, dall’altro, dalla definitività del provvedimento conclusivo del procedimento), si è ritenuto di eliminare il riferimento alla pendenza dei procedimenti, sì da eliminare ogni motivo di dubbio e, al contempo, di estendere gli effetti della sospensione anche gli atti introduttivi del giudizio, ove per il loro compimento sia previsto un termine.”.

3.4 - In caso di gravi motivi per chiedere la revoca dell’amministratore, come ci si può muovere?

L’art. 1129 c.c., comma 11, come modificato dalla legge n. 220/2012 dispone che “la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità”. L’amministratore può pertanto essere revocato dall’assemblea del condominio in qualsiasi momento, anche senza giusta causa, con deliberazione assunta con le maggioranze di cui all’art. 1136 4° comma cod. civ. (maggioranza delle teste presenti in assemblea rappresentati almeno a metà del valore dell’edificio – 500 millesimi), oppure giudizialmente. L’art. 1129 comma 11 cod. civ. stabilisce che la revoca dell’amministratore può essere chiesta dal singolo condomino direttamente all’autorità giudiziaria subordinatamente alla sussistenza di particolari cause che legittimano la richiesta giudiziale di revoca e che vengono elencate e definite come gravi irregolarità nella gestione, quando l’amministratore non comunica all’assemblea i provvedimenti dell’autorità amministrativa o la notificazione di atti di citazione che esulano dalle sue attribuzioni (art. 1131 cod. civ.) ovvero in caso di omessa rendicontazione o gravi irregolarità anche fiscali imputate all’amministratore o per la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente intestato al condominio. Il predetto art. 1129 cod. civ. specifica quali possono essere considerate “gravi irregolarità”, mentre la giurisprudenza ne ha evidenziate anche altre che hanno portato alla revoca dell’amministratore. Il Tribunale riunito in sede collegiale (tre giudici) a seguito della istanza di revoca decide in camera di consiglio emettendo un provvedimento motivato, dopo avere convocato le parti ed averle sentite in contraddittorio tra loro. Il provvedimento può essere reclamato avanti la Corte di Appello nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione o comunicazione. A prescindere che allo stato attuale, a seguito della pandemia dovuta al Covid-19, non si possono tenere assemblee condominiali posto che il Dpcm firmato il 4 marzo dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro della Salute tra le altre misure restrittive una riguarda, all’articolo 1, lettera b) dispone che “sono sospese le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro di cui all’allegato 1, lettera d)” e che normalmente non tutti i condòmini hanno la possibilità o la capacità di collegarsi in videoconferenza, occorre valutare se sia possibile, in questo periodo per uno o più condòmini rivolgersi al Tribunale per richiedere la revoca giudiziale di un amministratore di condominio. Il decreto legge “Cura Italia”, ha prorogato la sospensione delle udienze, disposta precedentemente dal 22 marzo 2020, fino al 15 aprile 2020 su tutto il territorio nazionale ed è stata disposta la sospensione dei termini processuali nei relativi procedimenti. In questo periodo è stato sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto giudiziale ed è stato chiarito che si tratta di una sospensione amplissima e generale. È previsto che il predetto termine del 15 aprile è stato prorogato alla data dell’11 maggio  dal nuovo decreto legge 23/2020 (“Decreto Liquidità”), articolo 36. In ogni caso il DL n. 18/2020 è senza dubbio un provvedimento di legge eccezionale per cui in base all’art. 14 delle preleggi al codice civile non è possibile alcuna interpretazione analogica come previsto dall’art. 12 delle preleggi. Pertanto, il diritto di agire in giudizio anche per la revoca dell’amministratore è da ritenersi sospeso per la necessità di tutela del diritto alla salute dei cittadini, diritto che sarebbe compromesso dallo svolgimento delle attività giudiziali. Allo stato pertanto il diritto alla salute e la protezione per tutti i cittadini messi in pericolo dalla emergenza sanitaria prevale sugli altri diritti anche se costituzionalmente garantiti. Non si potrà, pertanto, fare altro che attendere il termine definito della sospensione per potere dare corso all’azione per la revoca giudiziale dell’amministratore. Pur vertendosi in materia di volontaria giurisdizione per cui la parte può stare in giudizio personalmente è opportuno, anche per i risvolti giuridici, procedurali e di deposito telematico degli atti, essere assistiti da un avvocato.

4.1 - Se non si può svolgere l’assemblea per l’approvazione del consuntivo, come regolarsi con le spese condominiali? Si può chiedere ai condòmini di versare acconti per far fronte alle situazioni più urgenti, salvo conguaglio?

Si deve premettere che tra le norme del codice civile che riguardano il condominio non esiste un articolo che prevede che i condòmini debbano versare le quote di loro competenza per l’anno di gestione quando non vi sia stata una approvazione del preventivo da parte dell’assemblea. Tuttavia, vi possono essere casi particolari, come in questo momento è di sicuro la pandemia dovuta al Covid-19, nei quali la mancanza di approvazione preventivo non è sempre e solamente riconducibile a ritardi dell’amministratore, o a disinteresse dei condòmini rispetto alla gestione delle cose comuni, ma a cause di forza maggiore che non permettono lo svolgimento delle assemblee. La Suprema Corte con arresto n. 24299 in data 29 settembre 2009 ha precisato che “è principio basilare e ineliminabile per la corretta gestione del condominio, che consente all’amministratore di riscuotere le quote degli oneri in forza di un bilancio preventivo, sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato“. In effetti, l’amministratore, una volta terminato l’anno di gestione, dovrebbe convocare l’’assemblea condominiale per l’approvazione del preventivo della nuova gestione annuale, mentre per quanto attiene l’approvazione del consuntivo, la riforma di cui alla legge n. 220/2012 gli concede 180 giorni dalla chiusura per la presentazione del rendiconto. Trattasi di due momenti distinti e di attività diverse che di solito vengono inserite nell’ordine del giorno di una unica assemblea con la quale viene posto all’approvazione dei condòmini il rendiconto consuntivo della gestione annale appena trascorsa. Se tuttavia non è possibile per motivi decisamente contingenti convocare l’assemblea dei condòmini, la Suprema Corte, nella sentenza citata, ha ulteriormente specificato  che “laddove si rendesse impossibile la riscossione degli oneri condominiali e conseguentemente la gestione del condominio per tutto il tempo intercorrente tra la scadenza dell’esercizio e l’approvazione del consuntivo, periodo che potrebbe ipotizzarsi anche lungo in relazione a molteplici possibili eventi, tra cui, non ultimo, la non approvazione del progetto da parte dell’assemblea” l’amministratore può riscuotere i contributi sulla base del preventivo approvato in precedenza sino alla approvazione del rendiconto. Può pertanto chiedere ai condòmini di versare acconti per far fronte alle situazioni più urgenti, salvo conguaglio e sino alla approvazione del conguaglio ritornando poi in tal modo alla normalità appena possibile. Ovviamente, questa impostazione della Cassazione tiene più conto all’aspetto pratico, e sul piano giuridico si può esporre a critiche, ma una volta ogni tanto il giudice di legittimità si è posto il problema delle esigenze del condominio che non può assolutamente fermarsi anche per assicurare la prosecuzione dei servizi essenziali per tutti i condòmini. Il precedente preventivo manterrà validità fintanto che non verrà sostituito da quello per la gestione corrente. Ciò vale proprio perché l’assemblea non ha potuto approvare il nuovo preventivo. Ciò perché – ha insegnato la Corte di legittimità – le spese di manutenzione ordinaria e quelle che riguardano i servizi essenziali non richiedono la preventiva approvazione dell’assemblea: “L’approvazione di dette spese è richiesta soltanto in sede di consuntivo, giacché con questo poi si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo” (Cass. 11 gennaio 2017 n. 454). Ad ogni buon conto, quand’anche si dovesse ritenere non valido il preventivo scaduto, non si potrebbe non considerare che è precipuo obbligo dell’amministratore, a sensi dell’art. 1130 cod. civ., quello di riscuotere i contributi e provvedere al pagamento delle spese per la gestione ordinaria anche sulla base di propri provvedimenti, come gli riconosce l’art. 1133 cod. civ. con riferimento all’art. 1130 cod. civ., avverso i quali la citata norma riconosce che è ammesso ricorso all’assemblea da parte dei condòmini, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137 cod. civ.. L’amministratore, pertanto, può richiedere ai condòmini, in una situazione di necessità quale quella in essere al momento in Italia, quote provvisorie in relazione alla gestione ordinaria del condominio, sulla base del preventivo approvato nella precedente gestione, e le disposizioni di cui sopra prevedono che i provvedimenti adottati dall’amministratore, nell’ambito dei poteri che gli spettano, sono obbligatorie e vincolano tutti i condomini salvo i ricorsi di cui sopra. È pacifico poi che quanto versato dai condòmini dovrà o essere loro restituito o comunque dovrà essere calcolato come quota di acconto in sede di approvazione del preventivo annuale di gestione non appena si potranno convocare le assemblee una volta cessate le attuali disposizioni restrittive da parte dello Stato.

4.2 - Le procedure pregresse di recupero crediti che fine fanno? Sono sospese?

Con il decreto 17 marzo 2020 n. 18 (cd. decreto Cura Italia) si è stabilito il rinvio d’ufficio di tutte le udienza dei procedimenti civili e penali dal 9/3/2020 al 15/4/2020 (salvo specifici procedimenti individuati nell’art. 83 comma 3 del suddetto decreto) nonchè la sospensione, nel suddetto periodo, del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Il successivo D.L 8 aprile 2020 n. 23 (cd. decreto liquidità) ha prorogato tali termini al 11 maggio 2020. Ciò comporta una sorta di paralisi temporanea dell’attività giudiziaria, che comprende naturalmente anche le procedure esecutive: risultano pertanto sospesi i termini di opposizione al decreto ingiuntivo (nel senso che non si computa, nel calcolo dei 40 giorni, il periodo dal 9/03 al 11/05), i termini per richiedere il pignoramento dopo la notifica del precetto e tutti gli altri termini per compiere gli atti successivi delle esecuzioni (istanza di vendita, deposito visure ipocatastali, ecc.). Fino al 27 aprile, salvo ulteriore proroga, in alcuni Tribunali – nonostante la predisposizione telematica – non vengono accettati i depositi dei decreti ingiuntivi. In pratica sino a tale data non è possibile attivare azioni per il soddisfacimento coattivo del proprio credito, salvo formulare un’istanza – che dovrà essere vagliata ed accolta dal’organo giudiziario competente – ove venga dichiarato e dimostrato che il ritardo potrebbe determinare una grave ed irreparabile pregiudizio.

4.3 - Se le bollette dei fornitori arrivano in studio e non posso andarvi, come ottemperare ai pagamenti?

Ad oggi, con l’ultimo DPCM del 22 marzo 2020, l’art. 1 lettera a) recita che “le attività professionali non sono sospese”, non vi è un divieto per l’amministratore di recarsi presso il proprio studio, ferme restando le previsioni di cui all’art. 1 punto 7 del precedente DPCM dell’11 marzo 2020 ed eventuali ordinanze regionali più stringenti e limitative sul cui valore gerarchico si lascia la parola ai più insigni costituzionalisti. Ciò premesso, nell’ipotesi di cui al quesito basta semplicemente richiedere, in alternativa al tradizionale invio cartaceo, ai vari Enti gestori di energia, gas, acqua, etc. l’invio delle bollette in formato digitale (PDF) presso l’indirizzo email che si vorrà loro fornire. I suddetti gestori infatti prediligono per varie ragioni l’invio delle bollette con tale modalità, e sono tutti ormai equipaggiati per provvedere in tal senso. In alternativa, basta semplicemente registrarsi sul loro sito e, una volta effettuato l’accesso con le credenziali richieste, si potrà monitorare da remoto la situazione di eventuali fatture emesse in scadenza di pagamento. In ultimo, si può sempre attivare la domiciliazione bancaria di tali forniture in maniera tale che alla scadenza delle fatture emesse l’importo verrà automaticamente addebitato sul conto corrente condominiale di cui si sono preventivamente comunicate le coordinate bancarie.

4.4 - Se alla morosità pregressa se ne aggiunge una post Corona Virus, c’è il rischio che le aziende sospendano i servizi? Che fare?

Salvo espressa previsione, il recupero giudiziale deve essere trattato ex art. 63 disp. att. c.c., ovvero previo regolare approvazione assembleare del rendiconto. Si potrà, salvo differenti indicazioni, procedere al recupero delle morosità rilevate in bilanci approvati. Ad oggi, a seguito dell’emergenza, non è prevedibile un incremento di spesa di gestione che, verosimilmente, resterà invariata. Una soluzione lungimirante, utile ad evitare significativi ritardi, potrebbe essere quella di avviare le gestioni ordinarie provvisorie (si veda la FAQ n. 2) prevedendo, ove ritenuto, un incremento del fondo gestione ordinaria. Laddove si verificasse la sospensione dei servizi per assenza di fondi, l’amministratore dovrebbe provvedere alla tempestiva convocazione assembleare con apposito ordine del giorno e, ove non sia possibile la convocazione assembleare, comunicare ai condòmini la sospensione dei servizi per assenza di fondi, assumendo tutte le conseguenti iniziative a tutela dei condòmini. L’amministratore dovrà operare con diligenza, avvertendo con il maggior anticipo possibile sia in merito all’assenza di fondi sia in merito alla possibile sospensione dei servizi.

5.1 - Quali sono i nuovi termini per le scadenze fiscali del condominio?

Secondo quanto previsto dall’art. 62 co. 1 del DL 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. DL “Cura Italia”), in attesa di conversione, è prevista la generale sospensione:

  • degli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020;
  • nei confronti di tutti i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato.

Gli adempimenti sospesi potranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni, entro il termine del 30 giugno 2020. Di conseguenza, con l’eccezione dei versamenti, il condominio può beneficiare della proroga prevista da questa disposizione. Tuttavia, analizzando le scadenze fiscali di questo periodo temporale, il principale adempimento tributario ad essere sospeso e differito è la presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2019 (modello IVA 2020), la quale ordinariamente non riguarda il condominio. La norma non richiama, infatti, gli adempimenti tipici del condominio che si effettuano nei primi cinque mesi di ogni anno. In particolare, resta ferma la scadenza del 31 marzo 2020, prevista dall’art. 1 del DL 2 marzo 2020 n. 9 per:

  • la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle Certificazioni Uniche 2020 (anno 2019) rilevanti per la predisposizione delle dichiarazioni dei redditi precompilate relative (modelli 730/2020 e REDDITI 2020 PF);
  • la consegna ai fornitori delle Certificazioni Uniche 2020;
  • la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi agli interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica, effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali.

Allo stesso modo, salvo novità legislative future, non è mutato il termine per la presentazione del modello 770, che resta il 31 ottobre dell’anno successivo a quello di riferimento.

Aggiornamento 10 aprile 2020

L’art. 18 del DL 8.4.2020 n. 23 (c.d. “decreto liquidità”) prevede la possibilità di sospendere alcuni i versamenti per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione con sede in Italia e con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019. In particolare, per tali soggetti, per i mesi di aprile e maggio 2020, è prevista la sospensione dei versamenti:

  • delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, di cui agli artt. 23 e 24 del DPR 600/73, e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale;
  • dell’IVA;
  • dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi INAIL.

La sospensione dei suddetti versamenti:

  • nel mese di aprile 2020, si applica a condizione che tali soggetti abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019;
  • nel mese di maggio 2020, si applica a condizione che tali soggetti abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019.

La norma in esame richiama solo i soggetti imprenditori ed i professionisti: pertanto, i condomìni non possono beneficiare di questa proroga. Tale possibilità potrà eventualmente essere utilizzata dagli amministratori di condominio con riferimento ai propri versamenti. Riguardo alla trasmissione telematica delle certificazioni uniche, poi, si segnala che secondo l’art. 22 del DL 8.4.2020 n. 23, il termine è stato prorogato al 30.4.2020. Resta fermo che le Certificazioni Uniche contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione precompilata possono essere inviate:

  • entro il termine previsto per la presentazione del modello 770;
  • senza applicazione di sanzioni.

5.2 - È prevista la proroga per le detrazioni fiscali sui lavori condominiali che in questo momento non possono essere eseguiti per mancanza di delibera (a partire da quelli per il rifacimento delle facciate)?

Attualmente, ed in attesa della sua conversione in legge, il DL 18/2020 (c.d. “cura Italia”) non prevede una proroga relativa alle detrazioni per il recupero del patrimonio edilizio o in relazione alle detrazioni che riguardano la riqualificazione energetica degli edifici. Le medesime sono comunque applicabili per le spese sostenute nell’anno 2020. Riguardo al c.d. “bonus facciate”, resta fermo quanto previsto dall’art. 1 co. 219 – 223 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) che ha introdotto la detrazione IRPEF/IRES pari al 90% per:

  • le spese documentate e sostenute nell’anno 2020, a prescindere dalla data di inizio dei lavori;
  • gli interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna (sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi);
  • gli edifici ubicati in zona A o B ai sensi del DM 2 aprile 1968 n. 1444.

Con riferimento allo svolgimento delle assemblee, l’emergenza epidemiologica da COVID-19 determina importanti conseguenze per il funzionamento degli organi del condominio anche alla luce delle previsioni dei DPCM 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020, che rendono difficoltoso lo svolgimento di tutte le riunioni (amministrative ed assembleari). Tuttavia, al momento non sono state previste disposizione specifiche in merito dal DL 18/2020.

5.3 - Le detrazioni fiscali per la sanificazione degli ambienti di lavoro previste dal decreto Cura-Italia sono applicabili anche al condominio?

La risposta è negativa. L’articolo 64 del decreto “Cura Italia” ha previsto l’introduzione di un credito di imposta relativo all’annualità ad esclusivo utilizzo di imprese e lavoratori autonomi, qualora vengano eseguiti interventi di sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio da COVID-19. La misura del credito di imposta spettante è pari al 50% delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario. Da tale previsione legislativa il condominio risulta totalmente escluso, pertanto non potrà beneficiare dell’agevolazione prevista dall’art. 64, nonostante in molti casi risulta, oltreché consigliabile, doveroso procedere ad opere di sanificazione delle parti comuni di edificio. La possibilità di fruire del credito d’imposta è concessa invece agli amministratori di condominio sia che svolgano la propria attività in forma di impresa che di lavoratore autonomo. Da osservare che per l’effettivo utilizzo del credito, il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze dovranno entro sessanta giorni pubblicare le modalità applicative per la fruizione del beneficio fiscale.

Alla luce del articolo 62 del DL Cura Italia, è sospeso l’obbligo del condominio, quale sostituto di imposta, di operare le ritenute d’acconto?

L’articolo 62, comma 1, del Decreto prevede la sospensione degli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, relativamente ai soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato. Tuttavia, il comma 7 del citato articolo 62 stabilisce che i ricavi e i compensi percepiti, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del citato decreto 25 legge e il 31 marzo 2020, da soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, non sono assoggettati alle ritenute d’acconto di cui agli articoli 25 e 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, da parte del sostituto d’imposta, a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato. Conseguentemente, non sono assoggettati alle ritenute d’acconto di cui agli articoli 25 e 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, da parte del sostituto d’imposta, solo i ricavi o i compensi corrisposti alle predette categorie di soggetti nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del Decreto e il 31 marzo 2020.

Secondo il DL Cura Italia (art. 62), sono sospesi i termini per l’invio all’Agenzia delle entrate delle certificazioni dovute dal condominio, inerenti alle ritenute d’acconto operate nell’anno 2019 in quanto non relative a “dichiarazione dei redditi precompilata 2020”?

La certificazione unica contenente esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata può essere trasmessa in via telematica all’Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2020, termine ultimo di presentazione del modello 770/2020. La consegna al percipiente va, invece, effettuata entro il 31 marzo 2020. Restano salve, tuttavia, le disposizioni riguardanti tutti i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o quella operativa negli 11 comuni della Lombardia e del Veneto individuati dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 febbraio 2020, che stabilisce la sospensione di tutti gli adempimenti con scadenza tra l’8 marzo ed il 31 marzo 2020, che devono essere effettuati entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, pertanto, entro il 30 aprile 2020.

6.1 - È prevista la proroga dei termini per la formazione periodica degli amministratori?

Attualmente non è stata disposta alcuna norma che preveda una proroga dei termini o eventualmente un esonero per la formazione periodica ex Decreto Ministero della Giustizia 24.09.2014 n. 140, come peraltro non è stato prevista alcuna proroga generalizzata per gli obblighi di formazione per le professioni ordinistiche. Al momento, pertanto, rimane l’obbligo formativo nei termini previsti dalla suddetta normativa, per almeno 15 ore annue. Sarebbe auspicabile che le associazioni di categoria degli amministratori condominiali (preferibilmente in maniera congiunta e non in ordine sparso) richiedessero al Ministero di trovare una soluzione che possa ovviare all’impossibilità di partecipare a convegni, seminari, incontri di formazione, ma soprattutto dello svolgimento dell’esame finale tenendo conto che attualmente non è neanche possibile prevedere quando, con il terminare o l’attenuarsi dell’emergenza, si potrà tornare ad organizzare e partecipare a pubblici incontri quali quelli di formazione.

6.2 - Sempre in materia di formazione: sono previste modalità di svolgimento dell’esame finale alternative a quella de visu?

Possiamo collegare la risposta a quella precedente: nulla hanno previsto gli ultimi Decreti Legge o DPCM in tema di formazione. Pertanto, anche sull’esame finale non è stata disposta alcuna deroga rispetto a quanto disposto dall’art. 5 comma 5 del DM 140/14, che appunto prevede l’obbligo di svolgere l’esame finale presso la sede (fisica) individuata dal responsabile scientifico. Il tema delle modalità di svolgimento dell’esame è fondamentale in quanto, se il corso di aggiornamento può essere svolto in via telematica, per l’esame questa possibilità come detto non è prevista. Una possibile soluzione sarebbe quella di mantenere l’obbligo della frequenza del corso di aggiornamento entro il termine ordinario dell’08.10.2020, e permettere di svolgere l’esame anche successivamente a tale data, proprio in virtù dell’obbligo di questo adempimento in modalità fisica e non virtuale rispetto al corso di aggiornamento stesso. Vista la situazione eccezionale, si dovranno adottare misure altrettanto eccezionali per superare il problema.

6.3 - Anche agli amministratori condominiali con partita Iva spetta il contributo di 600 euro previsto dal decreto Cura-Italia?

Sì se iscritti alla Gestione Separata INPS. Il Decreto Cura Italia ha introdotto con l’articolo 27, un’indennità a favore dei liberi professionisti titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e dei lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata Inps di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria. Per svolgere l’attività di amministratore di condominio, per parte previdenziale, occorre effettuare l’iscrizione alla Gestione Separata Inps, non esistendo una cassa professionale dedicata. Pertanto, tutti gli amministratori, non appartenenti ad un ordine professionale, iscritti alla predetta sezione Inps possono effettuare la richiesta di contributoLA DOMANDA La domanda può essere presentata a partire dal 1° aprile, in modalità telematica dal sito www.inps.it//nuovoportaleinps/default.aspx. L’accesso ai servizi online dell’Inps può avvenire attraverso una delle seguenti tipologie di credenziali:

  • PIN dispositivo rilasciato dall’Inps (per alcune attività semplici di consultazione o gestione è sufficiente un PIN ordinario);
  • SPID di livello 2 o superiore;
  • Carta di Identità Elettronica 3.0 (CIE);
  • Carta Nazionale dei Servizi (CNS) per le persone munite di apposito lettore smart-card.

Chi è in possesso di una qualsiasi delle elencate credenziali, potrà utilizzarle anche per l’inoltro delle domande indennizzo previste dal DL Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18). Inoltre, l’Inps sta predisponendo un duplice intervento rivolto a:

  • semplificare la modalità di compilazione e invio on line per alcune delle domande di prestazione per l’emergenza Coronavirus (ex D.L. n. 18/2020);
  • apprestare una nuova procedura di rilascio diretto del PIN dispositivo tramite riconoscimento a distanza.

LA MODALITÀ SEMPLIFICATA DI COMPILAZIONE E INVIO L’accesso ai servizi sul portale istituzionale è consentito in modalità semplificata con esclusivo riferimento alle seguenti domande di prestazione per emergenza Coronavirus di cui al D.L. n. 18/2020:

  • indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
  • indennità lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’AGO;
  • indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali;
  • indennità lavoratori del settore agricolo;
  • indennità lavoratori dello spettacolo;
  • bonus per i servizi di baby-sitting.

La modalità semplificata consente ai cittadini di compilare e inviare le specifiche domande di servizio, previo inserimento della sola prima parte del PIN, ricevuto via SMS o e-mail, dopo averlo richiesto tramite portale o Contact Center. La richiesta del PIN può essere effettuata attraverso i seguenti canali:

Una volta ricevute (via SMS o e-mail) le prime otto cifre del PIN, il cittadino le può immediatamente utilizzare in fase di autenticazione per la compilazione e l’invio della domanda on line per le sole prestazioni sopra individuate. Qualora il cittadino non riceva, entro 12 ore dalla richiesta, la prima parte del PIN, è invitato a chiamare il Contact Center per la validazione della richiesta. Con riferimento alla sola prestazione “bonus per i servizi di baby-sitting”, nell’ipotesi che la domanda sia stata inoltrata con il PIN semplificato, il cittadino dovrà venire in possesso anche della seconda parte del PIN, al fine della necessaria registrazione sulla piattaforma Libretto di Famiglia e dell’appropriazione telematica del bonus (cfr. paragrafo n. 5, circolare n. 44 del 24 marzo 2020). NUOVA PROCEDURA PIN DISPOSITIVO L’Inps rilascerà una nuova procedura di emissione del PIN con il riconoscimento a distanza, gestita dal Contact Center, che consentirà ai cittadini di ottenere, in un unico processo da remoto, un nuovo PIN con funzioni dispositive senza attendere gli ulteriori 8 caratteri del PIN che ordinariamente venivano spediti tramite il servizio postale. Per eventuali chiarimenti sulle modalità di richiesta e gestione del proprio PIN, si invita a fare riferimento alla guida accessibile dalla home page del portale www.inps.it , seguendo il seguente percorso:

  1. link “Assistenza” (in alto a sinistra)
  2. link “Ottenere e gestire il PIN” (menù di sinistra)

6.4 - Anche all'amministratore socio di società spetta il bonus di 600 euro?

Sì. Come spiega il messaggio Inps n. 1288 del 20 marzo 2020, infatti, all’indennità possono accedere anche i partecipanti agli studi associati o società semplici (soci di snc o srl iscritti a gestione Ago) con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., iscritti alla Gestione separata dell’Inps. Anche in questa fattispecie, ai fini dell’accesso all’indennità tali lavoratori non devono essere titolari di un trattamento pensionistico diretto e non devono avere altre forme di previdenza obbligatoria.

6.5 - Come ottenere il contributo di 600 euro se l’amministratore non è iscritto alla gestione separata dell’Inps ma a un’altra cassa previdenziale (vedi geometri, ingegneri, etc)?

6.6 - Studio di amministratori con dipendenti: quali misure adottare (Smart working? Fruizione ferie e permessi retribuiti)?

6.7 - Anche gli studi di amministrazione con un solo dipendente possono avvalersi della cassa integrazione in deroga?

Consulta le FAQ per avere risposta alle domande più frequenti in materia di amministrazione condominiale.

Nel proprio giardino privato all'interno di un complesso condominiale e su cui comunque si affacciano diversi appartamenti è possibile lasciare gli escrementi degli animali domestici per piú giorni anche d'estate?

Posto che diversi appartamenti si affacciano sul giardino di proprietà privata non è consentito al proprietario di detto giardino abbandonarvi gli escrementi dei suoi animali domestici, dato che tale comportamento configura una violazione delle norme igienico–sanitarie, limita il diritto degli altri condomini di non subire insalubri immissioni e arreca pregiudizio al decoro del comparto edilizio notoriamente parte comune

Interruzione dei servizi di luce, gas e acqua a causa di morosità persistente: non è invocabile la tutela cautelare nel condominio

Le utenze acqua, luce e gas intestate al codominio degli edifici vengono attivate in forza della stipula di un preliminare contratto di somministrazione (ex art. 1559 cod. civ.)

Tra le clausole in esso specificatamente convenute ve ne è sempre una che tratta il caso dell’insolvenza del condominio-utente e delle conseguenze che questo genera in tema di sospensione del servizio; e ciò ben al di là della previsione legale di cui all’art. 1565 del codice civile, a mente della quale: “Se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente, e l’inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso“.

Linea dura contro le morosità. Il Sindaco non può ordinare al gestore di ripristinare la fornitura d’acqua.

Il principio è stato implementato, sotto il profilo operativo, dall”Autorità dell’Energia: la quale, in punto (vedi, tra le tante, la delibera 200 del 1999, art. 9), ha stabilito che l’esercente, nel caso di mora del cliente, deve inviare a quest’ultimo una comunicazione scritta a mezzo di raccomandata indicante:

  • il termine ultimo entro cui provvedere all’adempimento;
  • le modalità di comunicazione dell’adempimento stesso;
  • ed i tempi entro i quali, in costanza di mora, la fornitura potrà essere sospesa.

Stante quanto sopra, l’esercente non sarebbe in grado di sospendere la fornitura de plano, cioè in assenza della comunicazione scritta di cui alla norma precedente.

In ogni caso, l’interruzione del “servizio di pubblica utilità” sarà da ritenersi legittima in caso di morosità dell’utente, non sanata a seguito di primo avviso.

Il provvedimento giudiziario. E’ quanto ha ribadito, recentemente, il Tribunale di Roma in composizione collegiale con Ordinanza del 27 giugno 2014 ribaltando l’esito di un procedimento d’urgenza, con il quale le era stato precedentemente ordinato all’ente somministrante di allacciare e ripristinare in favore di un condominio (moroso) l’erogazione del gas per l’intero stabile, stante la natura del servizio e la mancata evasione della richiesta di voltura nominativa dell’utenza (originariamente intestata ad un condòmino).

Avverso tale pronuncia, invero, è stato argomentato quanto segue:

  • che, dal punto di vista del fumus boni iuris, in considerazione della permanente morosità non sussiste un obbligo di riattivazione dell’utenza, né sussiste un obbligo a contrarre, stante la liberalizzazione del mercato.
  • Che, dal punto di vista del periculum in mora, il danno lamentato dal condominio corrispondente alle conseguente derivanti dalla mancata voltura o attivazione di fornitura del gas (l’utenza era infatti accesa a nome di un condòmino) per il riscaldamento si risolve in un mero pregiudizio economico, pontendo dette problematiche essere agevolmente risolte mediante il pagamento della somma dovuta.

Preclusione alla tutela possessoria. L’ utente-condominio di un bene somministrato non sarebbe in grado di invocare, nella fattispecie, neppure la tutela possessoria ex art. 1168 cod. civ., in quanto, pur definendo l’art. 814 cod. civ. le energie (analogicamente estensibile alla nostro caso) come beni mobili, non è concretamente configurabile una situazione di autonomo possesso dell’utente sull’energia fornitagli, neppure per la quantità di energia presente nel circuito privato dell’utente stesso, atteso che l’interruzione in corso di prelievo di energia non comporta spoglio (ex multis, Cass. civ. 93/9312).

Parziarietà dell’obbligazione condominiale. Non sarebbero ostativi all’interruzione del servizio neppure i richiami alla natura dell’obbligazione condominiale.

Vi è piú che il nostro ordinamento ha previsto l’istituto della sospensione della fruizione di un servizio condominiale nei confronti dei soli condòmini morosi (ai sensi e per gli effetti dell’art ‘articolo 63, comma III, delle disp. di att. al Cod. Civ, vedi Ecco perchè è legittima la sospensione del servizio idrico condominiale nei confronti del moroso

Conclusione. Non potendo esimerci dal rilevare che la normativa di riferimento è in continuo divenire, quanto lo sono gli orientamenti della giurisprudenza (ondivaghi, per antonomasia), si può chiosare affermando che il Condominio utente allorquando abbia subito una interruzione di un servizio di pubblica necessità (acqua, luce, gas) a causa di inadempimento contrattuale generato da morosità (persistente), non sarebbe in grado di richiedere il ripristino in forza di un provvedimento cautelare d’urgenza.

Per contro, ove l’interruzione risulti indebita, non solo avrà diritto a procedere a tanto, ma per di piú, sul piano civilistico, sarà legittimato ad esercitare un’azione contrattuale di inadempimento (vedi, da ultimo, Sentenza 334/2014, emessa dal giudice di Pace di Barletta); il tutto, ben oltre, l’applicabilità alla fattispecie di cui all’art. 331 cod. pen. rubricato ” Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità“, ragione per cui“Chi, esercitando imprese di servizi pubblici [c.p. 358] o di pubblica necessità [c.p. 359], interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a euro 516 [?]”.

Disdetta da parte del locatore dal contratto di locazione ad uso abitativo

contratti di locazione per uso abitativo possono essere disdettati anche alla loro prima scadenza.

Il riferimento è ai contratti così a canone libero (4+4) o a canone concordato (3+2).

La disdetta, però, può avvenire solamente se ricorrono determinate circostanze e se il locatore esercita arbitrariamente tale esercizio, o comunque non adisce l’immobile a quanto comunicato al conduttore, può incorrere in sanzioni particolarmente gravose.

=> Disdetta del contratto

Se ne occupa l’art. 3, primo comma, l. n. 431/98 a mente del quale:

Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore puo’ avvalersi della facolta’ di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:

  1. a) quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
  2. b)quando il locatore, persona giuridica, societa’ o ente pubblico o comunque con finalita’ pubbliche, sociali, mutualistiche, cooper- ative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attivita’ dirette a perseguire le predette finalita’ ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilita’;
  3. c)quando il conduttore abbia la piena disponibilita’ di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
  4. d)quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilita’ e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
  5. e)quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale e’ prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
  6. f)quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
  7. g)quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprieta’ di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore e’ riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalita’ di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Il locatore decide di voler andare a abitare nella casa concessa in locazione? Il locatore scopre che il conduttore è proprietario di un immobile libero nello stesso comune?

=> La disdetta del contratto di locazione a mezzo raccomandata mai ricevuta dal destinatario può ritenersi valida?

Al termine del primo quadriennio, per i contratti a canone libero, o del primo triennio, per quelli a canone concordato, può inviare una racc. a.r. al conduttore per avvisarlo del fatto che il contratto s’intenderà disdettato alla prima scadenza e quindi l’inquilino dovrà lasciarlo libero per quella data.

La raccomandata con avviso di ricevimento dovrà essere inviata almeno sei mesi prima della data prevista per la scadenza del contratto e s’intenderà ricevuta, nel caso di mancata immediata consegna, con il deposito nella cassetta postale del destinatario dell’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale (cfr. Cass. 21 gennaio 2014 n. 1188).

L’esercizio del diritto di disdetta del contratto non soggiace a particolari formule sacramentali ma deve comunque indicare lo specifico motivo in ragione del quale è esercitato (cfr. sent. n. 13199 del 26 luglio 2012) (Trib. Roma 4 ottobre 2010 n. 19817).

Riguardo alla possibilità di disdire il contratto per i lavori di conservazione di cui alle lettere d) ed e) “il possesso, per l’esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell’autorizzazione edilizia e’ condizione di procedibilita’ dell’azione di rilascio” (art. 3, secondo comma, l n. 431/98).

Detta diversamente: se il conduttore non lascia l’immobile, lo sfratto potrà essere eseguito solamente se il proprietario è munito del titolo amministrativo autorizzativo delle opere medesime.

Il riferimento ad autorizzazioni e concessioni deve intendersi esteso anche agli odierni titolo autorizzativi quali permessi di costruire, SCIA, ecc.

La legge specifica che “i termini di validita’ della concessione o dell’autorizzazione decorrono dall’effettiva disponibilita’ a seguito del rilascio dell’immobile” (art. 3, secondo comma, l n. 431/98).

Il comma in esame si conclude specificando che “il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalita’ di cui all’articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l’immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullita’, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta e’ fondata”.

=> Che cosa accade se l’esercizio della disdetta è illegittima?

Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilita’ dell’alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facolta’ di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso e’ tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilita’ dell’ultimo canone di locazione percepito (art. 3, terzo comma, l. n. 431/98).

Che cosa accade, invece, se la disdetta è lecita ma non è seguita dal comportamento preannunciato (es. adibire immobile a propria abitazione)?

Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilita’ dell’alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilita’, agli usi per i quali ha esercitato facolta’ di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 (art. 3, quinto comma, l. n. 431/98).

Danni da infiltrazioni, come quantificarli?

In tema di danni da infiltrazioni, qual è la misura del risarcimento che il proprietario dell’unità immobiliare danneggiata può chiedere al custode della cosa dalla quale tale danno proviene?

La questione non è di poco conto, in quanto un’infiltrazione, apparentemente limitata in uno specifico punto di uno dei vani dell’abitazione, potrebbe causare un danno ben piú ampio.

=> Di nuovo sui danni da infiltrazioni arrecati agli appartamenti sottostanti

Come dire: non sempre la misura del risarcimento può essere limitata a mettere una pezza laddove il danno sia stato maggiore in termini sostanziali della puntuale individuazione della parte ammalorata.

La questione, che sovente crea litigi in quanto il danneggiante ritiene esagerate le richieste del danneggiato, è stata trattata dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12920 depositata in cancelleria il 23 giugno 2015.

Vediamo in che modo.

Prima di entrare nel merito è utile ricordare che il caso di danno da infiltrazioni rappresenta una classica ipotesi di danno da cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c.

In pratica il custode del bene dal quale proviene il danno (e che non sia mero elemento di passaggio della causa stessa del nocumento, ad esempio il piano intermedio tra quello danneggiato e quello da cui proviene il danno stesso) è responsabile di tali danni a titolo di responsabilità obiettiva, ossia è sempre responsabile, eccezion fatta per le ipotesi di caso fortuito.

Questa la conclusione cui, ormai da anni, giunge la Suprema Corte di Cassazione quando viene investita di cause aventi ad oggetto danni da infiltrazioni (cfr. tra le tante Cass. 10 ottobre 2012 n. 17268).

=> Danno da infiltrazioni causate dalla rottura di tubazioni comuni, responsabilità del condominio

Quale danno va risarcito?

Esempio: dall’appartamento di Tizio provengono infiltrazioni nell’appartamento sottostante, di proprietà di Caio. Quest’ultimo richiede al vicino di eliminare la causa dell’infiltrazione ed a titolo di risarcimento la somma di € 2.000,00. Egli ritiene che l’intervento che dovrà eseguire non può essere limitato alla sola ritinteggiatura della parte danneggiata, ma al rifacimento della vernice di tutta la stanza. Motivo? Era stata ritinteggiata da poco e la “pezza” consistente nella sistemazione della sola parte ove era apparsa la macchia sarebbe evidente.

L’esempio è nella sostanza il riassunto della questione che ha portato alla sentenza della Cassazione n. 12920. Come ha concluso la Corte?

Secondo gli ermellini “il proprietario di un immobile, il quale domandi il risarcimento dei danni ad esso cagionati in conseguenza delle infiltrazioni provenienti da un appartamento sovrastante, essendo state danneggiate talune parti che, per esigenze di uniformità, richiedano un piú esteso intervento ripristinatorio delle condizioni di normale abitabilità del bene rispetto ai singoli punti danneggiati, ha diritto di conseguire il rimborso dell’intera somma occorrente per tale lavoro, trattandosi di esborso necessario per la totale eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli dell’illecito, che non può essere addossato al danneggiato stesso” (Cass. 23 giugno 2015 n. 12920).

Come dire: Tizio fa bene a chiedere 2.000,00 euro. Chiaramente laddove la stanza non fosse stata tinteggiata a nuovo ma fosse in stato non buono, il giudice non potrebbe non tenere conto di questa circostanza.

Danni da infiltrazioni da parti comuni, perché sono responsabili tutti i condòmini in solido?

In sostanza se da un lato il danneggiato non può vedersi pregiudicato per gli effetti indiretti del danno da infiltrazione (ossia dover di nuovo dipingere l’intera stanza per non fare vedere la differenza), allo stesso modo il danneggiante non può sobbarcarsi il costo dei miglioramenti complessivi di cui il danneggiato di avvantaggerebbe dopo il danno stesso (cioè non si può addossare al danneggiante l’intero costo del miglioramento – leggasi rinnovo tinta delle pareti – che s’è deciso di eseguire in conseguenza delle infiltrazioni al fine di non fare notare la differenza). Si tratta del così detto principio, di creazione dottrinario-giurisprudenziale della così detta compensatio lucri cum damno “in virtú del quale la quantificazione del danno risarcibile deve tener conto degli eventuali vantaggi per il danneggiato che traggono origine direttamente.

Chi paga la sostituzione della ringhiera del balcone aggettante?

La ringhiera del balcone aggettante di un appartamento in condominio dev’essere considerato parte comune e quindi la spesa per la sostituzione suddivisa tra tutti i condòmini?

Oppure è elemento di proprietà individuale con conseguente addebito del costo al singolo condomino?

A dirla tutta in questo ultimo caso non solamente il costo sarebbe a carico del condomino, ma anche la decisione sulla sua sostituzione.

Insomma nel caso in cui si considerasse la ringhiera di proprietà esclusiva, l’assemblea non avrebbe possibilità di decidere in merito alla sua sostituzione.

Per rispondere al quesito (spesso posto nel nostro forum), non possiamo fare a meno di riprendere la definizione di balcone aggettante (elaborata da dottrina e giurisprudenza) e la valutazione della condominialità delle sue parti elaborata dalla Corte di Cassazione (vista l’assenza di una normativa di riferimento).

Il balcone aggettante è quel manufatto che sporge rispetto alla facciata dell’edificio e costituisce un prolungamento dell’unità immobiliare dalla quale è possibile accedervi.

Essi, afferma ormai da anni la Corte di Cassazione, “non sono necessari per l’esistenza o per l’uso, e non sono neppure destinati all’uso o al servizio dell’intero edificio: è evidente, cioè, che non sussiste una funzione comune dei balconi, i quali normalmente sono destinati al servizio soltanto dei piani o delle porzioni di piano, cui accedono” (Cass. 21 gennaio 2000 n. 637).

Balconi, come ripartire le spese

La sostanziale assenza di utilità comune dei balconi aggettanti, considerati nella loro interezza, non elimina la possibile condominialità di alcune loro parti.

In particolare, è sempre la Cassazione a parlare, “i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (v., da ultimo, Cass. 23 settembre 2003 n. 14076)” (così Cass. 30 luglio 2004, n. 14576).

Rivestimenti ed elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, il così detto sottobalcone.

Sottobalconi da ristrutturare, chi paga le spese?

Insomma se queste parti assumono particolare rilevanza rispetto all’estetica del fabbricato (connotandola e diventandone parte integrante) allora devono essere considerata di proprietà comune. In conseguenza di ciò:

  1. l’assembleadiviene competente a deliberare sugli interventi di manutenzione (ergo riparazione o sostituzione);
  2. la spesa diviene spesa condominialee, salvo diverso accordo tra le parti, va ad essere ripartita in ragione dei millesimi di proprietà (art. 1123, primo comma, c.c.).

Le sentenze, abbiamo visto, parlano di elementi decorativi di parte frontale ed inferiore, quasi ad operare una distinzione tra questi e la parte strutturale (es. parapetto). E qualora sia l’intera parte frontale (o inferiore) ad assumere nella sua interezza valore estetico tale da far considerare essa nella sua interezza parte comune? Il caso della ringhiera è proprio la rappresentazione plastica di tale situazione. Si pensi ad una ringhiera che presenti una particolare lavorazione.

In tale ultima ipotesi, allora, la ringhiera è da ritenersi bene comune con le conseguenza appena descritte.

La valutazione della condominialità, che in questo caso coincide con la valutazione dell’incidenza sul decoro dello stabile, nel caso di contrasti, è rimessa all’Autorità Giudiziaria.

Un condomino di una palazzina di tre piani, pittura la ringhiera del balcone. Nell’esecuzione di tale opera, danneggia con macchie sia il mio balcone sottostante, sia la mia auto posteggiata. Posso rivolgermi all'amministratore per il recupero dei danni?

La responsabilità per i danni subiti dal lettore è da ascrivere, ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, al condominio che ha eseguito il lavoro di tinteggiatura del proprio balcone. Solo ove questi abbia agito in nome e per conto del condominio, e previa delibera dell’assemblea condominiale, sarebbe ipotizzabile una responsabilità dell’ente di gestione.

Un condomino, ha chiesto all’amministratore di inviargli convocazioni e verbali via e-mail. Quali sono le condizioni minime affinchè tale modalità di comunicazione abbia piena efficacia?

La giurisprudenza è da tempo allineata nel ritenere che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale (previsto dal comma 5, articolo 1136, Codice civile in combinato disposto con il comma 3, articolo 66 delle disposizioni attuative al Codice Civile), possa essere dato con “qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo”, non solo ma che può essere provato anche da univoci elementi da cui risuli che il condominio ha, in concreto, ricevuto la notizia così cassazione civile del 28.1.1995 n. 1988). Nel caso di specie si ritiene, pertanto, che l’e-mail integri un idoneo avviso di convocazione.

L'installazione di una porta blindata e di un sistema di allarme, sono a carico del conduttore o del locatore?

Il locatore – cui competono le spese per l’installazione del sistema di allarme e della porta – può rifiutarsi di effettuare le innovazioni richieste dal conduttore, sicchè spetta a quest’ultimo la spesa di installazione. Al termine della locazione il conduttore potrà asportarle e ripristinare lo stato dei luoghi, salvo che il locatore – che abbia acconsentito all’innovazione – non decida di mantenerle, corrispondendo al conduttore un indennizzo (art. 1593 comma 1 C.C.)

Ai vicini non piace la pizzeria "fumosa" con la canna fumaria sporca e difettosa?

Qualora le emissioni del forno a legna di una pizzeria risultino nocive per la salute, il Sindaco può ordinare “ di sospendere l’utilizzo del forno a legna fino a quando non sia provveduto all’esecuzione delle opere necessarie alla risoluzione dell’inconveniente”.

Il fatto. Alcuni cittadini residenti nei pressi di una pizzeria sono risultati vittime dei fumi fuligginosi nocivi che fuoriuscivano continuamente dalla canna fumaria; pertanto, hanno richiesto l’intervento dell’ASL affinché valutasse la situazione.

I tecnici dell’azienda sanitaria, quindi, hanno costatato che “per evidenti difetti di combustione e carenza di pulizia appropriata dal camino della pizzeria, che appare completamente annerito per tutta la sua lunghezza, si sprigiona nelle ore di funzionamento del forno abbondante fumo, ricco di fuliggine, la quale ricade, come abbiamo potuto personalmente accertare, sulle abitazioni circostanti, costringendo gli abitanti a vivere in permanenza a finestre chiuse, poiché si insinua anche attraverso le persiane chiuse sui parapetti delle finestre” . Pertanto, hanno richiesto l’intervento del Sindaco affinché impedisse immediatamente l’uso del forno.

Il Sindaco, quindi, “visti gli artt. 50 e 54 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267” e “visto lo Statuto comunale”, ordinando pertanto al proprietario dell’immobile in cui ha sede l’esercizio di cui trattasi, “di sospendere l’utilizzo del forno a legna fino a quando non sia provveduto all’esecuzione delle opere necessarie alla risoluzione dell’inconveniente, quali una accurata pulizia della canna fumaria e l’eventuale installazione di dispositivi atti a trattenere le particelle di fuliggine, nonché una periodica manutenzione della stessa. Gli interventi che il caso richiede dovranno essere eseguiti tempestivamente e comunicati alla scrivente Amministrazione in quanto gli inconvenienti segnalati dall’ASL [?] risultano rilevanti ai fini della tutela dell’igiene pubblica e della pubblica incolumità”.

Il proprietario della pizzeria ha impugnato l’ordinanza sindacale che sospesa e annullata, in primo grado, dal T.A.R. è stata ritenuta legittima dal Consiglio di Stato (sez. V, sent. 17 giugno 2014, n. 3081) .

Le ordinanze contingibili ed urgenti. Qualora si verifichino situazioni di grave ed eccezionale necessità l’ordinamento (artt. 50 e 54 D.lgs 267/200) riconosce al Sindaco il potere di adottare ordinanze straordinarie per fronte all’emergenza (ad es. sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale).

Vista l’idoneità di tali provvedimenti di incidere in maniera rilevante sui diritti e sugli interessi dei cittadini, il Sindaco può ricorrevi, da un lato, solo se il problema che si è creato non possa essere risolto con i mezzi ordinari, dall’altro lato, per un tempo determinato (il persistere dell’emergenza).

Le eccezioni del proprietario della pizzeria accolte dal T.A.R. Il T.A.R. ha accolto il ricorso del proprietario della pizzeria ritenendolo “fondato sul rilievo assorbente della carenza dei presupposti dell’urgenza e della contingibilità, non individuandosi nel caso in esame una situazione di imminente ed improcrastinabile pericolo per la pubblica incolumità; peraltro, l’ordinanza impugnata, imponendo determinati interventi tecnici aventi carattere risolutivo e definitivo dei problemi rilevati, eccede le finalità del momento, poiché la stessa sembra orientata, piú che a disciplinare l’asserita situazione contingibile ed urgente, a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi (in questo senso, Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2001, n. 998)”.

In parole piú semplici, il giudice di primo grado ha ritenuto che il Sindaco avesse non si fosse limitato ad imporre al proprietario un comportamento che servisse esclusivamente ad impedire e risolvere l’urgenza, ma avesse gli avesse imposto una condotta da mantenere anche dopo il venir meno dell’emergenza. L’ordinanza straordinaria, quindi, regolava illegittimamente anche situazioni ordinarie.

La sentenza del Consiglio di Stato.

Il giudice di appello ha ritenuto che “ l’imposizione delle misure di un’ “accurata pulizia della canna fumaria” e di “una periodica manutenzione della stessa” risulta intrinsecamente ragionevole, che scaturisce prima dal buon senso, nonché dalla piú elementare esigenza del rispetto non solo degli abitanti dell’area circostante ma della stessa clientela del pubblico esercizio; senza sottacere, poi, che – come è ben noto – la mancata pulizia periodica delle canne fumarie è sovente causa di incendi, posto che le incrostazioni di fuliggine, a prescindere dal materiale con il quale le canne medesime sono realizzate, possono determinare ostruzioni con conseguenti ritorni di fiamma” .

Il Consiglio di Stato, inoltre, ha “anche rimarcato che le misure imposte dall’ordinanza sostanziano meri adempimenti materiali, di scarso impatto organizzativo ed economico, e non già la realizzazione di opere tali da comportare “interventi definitivi”.

Il Collegio è consapevole che nella medesima ordinanza si dispone pure un’ “eventuale installazione di dispositivi atti a trattenere le particelle di fuliggine”: ma l’imposizione di tale accorgimento risulta – per l’appunto – soltanto ipotetica, ossia da rendersi necessaria soltanto ove la pulizia e la manutenzione della canna fumaria si rivelassero insufficienti al fine di evitare i sopradescritti inconvenienti”.

Infatti il provvedimento impugnato non “dispone l’intervento “definitivo” di cui trattasi, ma si limita ad ipotizzarne l’imposizione, lasciando – all’evidenza – alle autorità verificatrici (Azienda sanitaria, Vigili del fuoco) il compito di accertarne la necessità nelle vie ordinarie e di prescriverlo nelle forme parimenti ordinarie.

Va da sé che in tale evenienza non si determinerebbero comunque rilevanti modifiche all’impianto, essendo il relativo accorgimento del tutto congruente con le necessità igienico-ambientali dell’esercizio e, quindi, da ricondursi a spesa obbligatoria per il corretto svolgimento dell’attività di quest’ultimo”.

La tradizione del forno a legna. Il giudice di appello, inoltre, ha sottolineato che anche se l’utilizzo del forno a legna costituisce, comunque, di per sé elemento che qualifica la pizza, garantendone la cottura nella sua forma tradizionale, il metodo di cottura non può avvenire in assenza delle attività di prevenzione e tutela della salute pubblica. Tutela che deve essere garantita anche se ciò comporta costi economici per l’adeguamento del forno e della relativa canna alle misure a ciò idonee. L’appello, quindi, è stato accolto.

Conclusione. La sentenza esaminata appare, diversamente rispetto alla pronuncia del T.A.R. appellata, piú adeguata alla tutela del diritto alla salute delle persone, in applicazione di quei precetti contenuti sia nella nostra Costituzione (” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” – art. 32 Cost) sia nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (“Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana” – art. 35).

Cambio di amministratore, a chi spetta inviare il modello 770?

Nel condominio in cui vivo lo scorso mese abbiamo cambiato amministratore e quello nuovo ritiene che il modello 770 debba essere inviato dal suo predecessore: chi ha ragione?

La domanda ricorre molto spesso anche nel nostro forum ed è utile dare una risposta chiarificatrice sulla base delle norme vigenti.

Premessa: nessuna norma risponde direttamente al quesito posto, ma l’insieme delle disposizioni attualmente in vigore consente di fornire una risposta precisa alla domanda.

Per rispondere all’interrogativo è necessario verificare chi è il sostituto d’imposta, ossia il soggetto deputato a trattenere una percentuale dell’imponibile della fattura al momento del pagamento al fine di versarlo allo stato quale anticipazione sulle imposte dovute dal percipiente.

L’art. 23, primo comma, d.p.r. n. 600/73 recita:

“Gli enti e le società indicati nell’art. 87, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le società e associazioni indicate nell’art. 5 del predetto testo unico e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell’art. 51 del citato testo unico, o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni il curatore fallimentare, il commissario liquidatore nonchè il condominio quale sostituto d’imposta, i quali corrispondono somme e valori di cui all’art. 48 dello stesso testo unico, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa. Nel caso in cui la ritenuta da operare sui predetti valori non trovi capienza, in tutto o in parte, sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è tenuto a versare al sostituto l’importo corrispondente all’ammontare della ritenuta”.

La norma parla specificamente del condominio quale sostituito d’imposta.

Passiamo alla comunicazione delle ritenute da inviarsi all’Agenzia delle entrate: tale comunicazione è stata normata dal d.p.r. n. 435/01, il quale, modificando l’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 specifica che spetta al sostituto effettuare una comunicazione riguardante le ritenute effettuate nel corso dell’anno fiscale precedente secondo un modello prestabilito.

Il modello 770, quindi, altro non è che una comunicazione che i sostituti d’imposta devono effettuare all’Agenzia delle entrate indicando una serie di dati riguardanti le operazioni soggette a ritenuta effettuate nell’anno precedente.

Si badi: la norma fa specifico riferimento al sostituto d’imposta: il sostituto, la legge è chiarissima sul punto, è il condominio del quale l’amministratore rappresenta il legale rappresentante.

=> Attività fiscale dell’amministratore di condominio e richiesta di compensi extra

Spetta, quindi, all’amministratore in carica al momento dell’obbligo della comunicazione provvedere a tale adempimento.

Ricordiamo, infatti, che ai sensi dell’art. 1130 n. 5 c.c., l’amministratore è tenuto ad eseguire gli adempimenti fiscali.

Che cosa accade se il passaggio di consegne avviene dopo l’obbligo di invio ma l’amministratore revocato non vi ha adempiuto?

Ricordiamo che ai sensi dell’art. 1129, ottavo comma, c.c. l’amministratore uscente è tenuto “ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. Insomma spetta a questo inviare il modello 770 se la scadenza avviene prima del passaggio di consegne e se non si adopera, risponde al condominio dei danni (es. sanzioni), fermo restando l’obbligo del nuovo amministratore di riparare alla mancanza, provvedendo all’invio tardivo.

Chi paga le spese condominiali se la casa è pignorata?

Finché non avverrà il trasferimento della proprietà, pertanto, il condomino pignorato dev’essere considerato a tutti gli effetti il proprietario dell’immobile. Egli, infatti, con l’intimazione (pignoramento) fattagli dall’ufficiale giudiziario non può sottrarre il bene alla garanzia del credito per il quale si procede, ma continua a mantenere la piena disponibilità e la proprietà della casa pignorata.
Nel frattempo, quindi, il condomino pignorato continua ad essere il proprietario dell’unità immobiliare ubicata nel condominio.Ne consegue che spetta sempre a lui dover provvedere al pagamento delle quote condominiali. E se, com’è probabile, il condomino moroso e pignorato continuerà a non pagare? A quel punto bisognerà provvedere ad una nuova ingiunzione di pagamento e, se de caso, ad un insinuazione nella procedura esecutiva già iniziata o nell’apertura di una nuova.L’art. 492 c.c

Il vicino del piano di sopra quasi quotidianamente innaffia le piante del suo balcone senza curarsi delle conseguenze sul mio (sempre bagnato, ringhiera ormai arrugginita). Cosa posso fare per richiamare il vicino ad una condotta piú attenta?

Si tratta di una tipica ipotesi di immissioni regolata dall’articolo 844 del codice civile, in base al quale se il “disturbo” è intollerabile può essere impedito dal giudice. E’ possibile, tuttavia, che il regolamento ponga delle regole in merito all’annaffiatura delle piante, nel qual caso non si dovrà che sollecitare l’amministratore affinchè ne curi il rispetto (articolo 1130 del codice civile). Nel caso tali regole non ci siano, si potrà proporne l’approvazione alla prima assemblea utile (con missiva all’amministratore contenente la relativa richiesta di inserimento all’ordine del giorno).

CL'inqulina che abita nell'appartamento sotto il mio ha un cagnolino che abbaia, in continuazione, e a tutte le ore del giorno, i momenti di pausa sono limitati a vari minuti; inoltre, non ha la serratura interna della porta di ingresso, per cui ogni volta che entra o esce spinge la porta provocando un rumore fortissimo e ovviamente all'improvviso; infine non parla con i figli ma urla solo. Tali rumori sono continuativi e violenti, L'amministratore ha piú volte invitato l'inquilina a voler rispettare le regole del buon vicinato, senza nessun risultato.

Solo un regolamento contrattuale ossia predisposto dal costruttore o dall’originario proprietario precedentemente alla vendita delle singole unità immobiliari e accettato da tutti coloro che acquistano, può imporre il divieto di detenere nelle proprie abitazioni animali domestici. Quanto alla gestione degli stessi, anche se è vero che le immissioni di rumore sono consentite, ai sensi dell’art. 844 c.c., se non superano la normale tollerabilità, deve precisarsi che, nella casistica giurisprudenziale, purtroppo difficilmente l’abbaiare di un cane costituisce grave pregiudizio da poter far valere in sede giudiziaria

Abito in un condominio al quarto piano. L'inquilino che sta sopra di me ha un terrazzo che termina dove inizia il mio. Ha piantato una specie di foresta tutta sporgente che quindi lascia cadere ogni tipo di residuo sul mio terrazzo. Posso in qualche modo imporgli di evitare questo fenomeno assai fastidioso? A delle mie amichevoli richieste ha sempre mostrato totale disinteresse.

Solitamente i condomini tra di loro intervengono in maniera bonaria per risolvere problemi piccoli ma assolutamente fastidiosi. Purtroppo, visto che ai suoi ripetuti solleciti non c’è stato nessun riscontro, sarebbe opportuno a questo punto iniziare ad abbozzare una lettera di reclamo enunciando possibili danni che possono manifestarsi da questo suo totale disinteresse. Altrimenti dovrà agire giudizialmente nei confronti del suo inquilino del piano superiore. Ma molto spesso in condominio si convive con queste particolari situazioni.

I condomini che abitano nel terrazzo immediamente sotto al mio sono soliti, a qualsiasi ora del giorno, fumare abbondamentemente. Inoltre, sotto i nostri terrazzi, vi è una cartolibreria i cui proprietari fumano con altrettanto accanimento. Io sono allergico ed asmatico e ho chiesto di ridurre tali nociveimmissioni di fumo, ma senza risultato. Pertanto sono costretto a rinunciare all'uso del mio bel terrazzo con vista sulla campagna ed i monti e restare chiuso in casa. Come posso agire?

L’unica norma che potrebbe essere applicata alla fattispecie descritta è l’articolo 844 del codice civile, in forza del quale il proprietario può reagire alle immissioni di fumo nella sua proprietà da parte del vicino qualora esse eccedano la normale tollerabilità. E’ necessario agire in giudizio a tal fine avanti il giudice di pace competente per materia ex articolo 7 comma IV n. 3 del codice di procedura civile

Ho un vicino che tiene acceso il televisore tutto il giorno (dalle 7 alle 24, tutti i giorni, sabato e domenica inclusi) ad un volume molto alto in quanto ha un udito molto ridotto. Abbiamo fatto presente il problema al vicino, chiedendogli di usare le cuffie, ma senza riuscire a risolvere nulla. La stanza dove il vicino ascolta la televisiona confina con la camera da letto di mio figlio, che non riesce nemmeno a studiare, tanto è il disturbo. Avevamo anche messo una controparete per cercare di isolare il muro, ma non è sufficiente. Siamo esasperati e vogliamo riuscire a risolvere il problema. Che possiamo fare?

L’unica norma applicabile alla fattispecie descritta è l’articolo 844 del codice civile, in forza del quale il proprietario può impedire le immissioni di rumore nella sua proprietà da parte del vicino qualora esse eccedano la normale tollerabilità. E’ necessario, peraltro, agire in giudizio a tal fine avanti il giudice di pace competente per materia ex articolo 7 comma IV n. 3 del codice di procedura civile. Restano ferme le iniziative eventualmente esperibili sotto il profilo penale. E’ tuttavia indispensabile rivolgersi ad un legale per l’esperimento delle relative procedure.

Il regolamento condominiale prevede che non si possa detenere alcun animale,cani in primis. Il mio vicino ne ha invece acquistato uno da alcuni mesi, lo tiene sul balcone di giorno e di notte. Il cane sbraita a tutte le ore. Quando porta fuori il cane, poi, il condomino lo tiene solo al guinzaglio. Può fare tutto ciò?

Solo una norma di regolamento avente natura contrattuale, ovverossia espressamente approvato da tutti i condomini o richiamato e recepito nei singoli rogiti di acquisto, può prevedere ed imporre limitazioni al diritto d’uso delle porzioni immobiliari esclusive, tra i quali il diritto di alloggiarvi e detenervi animali domestici. In assenza di un siffatto regolamento la presenza di cani negli appartamenti non può essere impedito allorchè risultino rispettate tutte le normative in materia igienico-sanitaria. Il discorso è diverso per eventuali immissioni moleste di rumori e odori, sanzionabili avanti il giudice di pace (competente per materia) ove si dimostri che le stesse oltrepassano la normale tollerabilità tenuto conto dello stato dei luoghi che, nel caso degli stabili in condominio, non può prescindere dalla prevedibilità di un certo grado di tolleranza per determinate immissioni (ad esempio sonore) inevitabilmente connesse alla stretta vicinanza delle porzioni immobiliari

Nel giardino del mio appartamento finisce di tutto: briciole, acqua, polvere. Come posso difendermi?

Secondo l’articolo 674 del codice penale, viene sanzionato chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti. Pertanto, si consiglia al lettore di rivolgersi a un avvocato e di agire per vie legali.

Abito in un condominio al quarto piano. L'inquilino che sta sopra di me ha un terrazzo che termina dove inizia il mio. Ha piantato una specie di foresta tutta sporgente che quindi lascia cadere ogni tipo di residuo sul mio terrazzo. Posso in qualche modo imporgli di evitare questo fenomeno assai fastidioso? A delle mie amichevoli richieste ha sempre mostrato totale disinteresse.

Solitamente i condomini tra di loro intervengono in maniera bonaria per risolvere problemi piccoli ma assolutamente fastidiosi. Purtroppo, visto che ai suoi ripetuti solleciti non c’è stato nessun riscontro, sarebbe opportuno a questo punto iniziare ad abbozzare una lettera di reclamo enunciando possibili danni che possono manifestarsi da questo suo totale disinteresse. Altrimenti dovrà agire giudizialmente nei confronti del suo inquilino del piano superiore. Ma molto spesso in condominio si convive con queste particolari situazioni.

Abito in un condominio di 4 unità abitative, senza amministratore né regolamento condominiale. Può la vicina del piano di sopra sbattere i tappeti (a qualsiasi ora del giorno, specialmente nei fine settimana) sopra al cortile di mia pertinenza esclusiva?

L’art.844 del codice civile disciplina le immissioni, definendo moleste quelle che superano la normale tollerabilità tenuto conto dello stato dei luoghi. Nel caso di stabili in condominio non si può prescindere da un maggior livello di tolleranza che deve necessariamente conformare la convivenza quotidiana tra i condomini, considerata l’ovvia prevedibilità di un certo numero e grado di immissioni che la contiguità fisica tra le singole porzioni immobiliari inevitabilmente comporta. Ciò non significa che nei comportamenti tra condomini non si debbano osservare l’opportuna diligenza e il rispetto dei regolamenti comunali a tutela del riposo quotidiano. In assenza di un regolamento condominiale e di un amministratore che lo faccia rispettare, qualora si ritengano molesti gli altrui comportamenti ci si può comunque rivolgere al giudice di pace (competente per materia) in sede non contenziosa (affinché convochi le parti per tentare un componimento bonario della vertenza) o contenziosa, chiedendo, oltre alla cessazione della molestia, anche il risarcimento in via equitativa dei danni sofferti

Abito al terzo piano di un condomio, da circa un anno il mio appartamento viene pervaso da cattivi odori di cucina e ho interessato del fatto l'amministratore cha ad oggi non ha preso alcun provvedimento: come posso risolvere il problema?

L’amministratore deve tutelare le parti comuni a tutti e non è competente sulle liti per immissioni di odori o rumore tra condomini. Sconsigliamo un’azione giudiziaria che ha costi alti e tempi lunghi, soprattutto in questo caso in cui sarebbe difficile ottenere un procedimento d’urgenza, nonché portare prove convincenti delle immissioni. Una sensata azione diplomatica che eviti attriti è la soluzione migliore.

Ho il bagno della vicina adiacente alla mia camera da letto tutte le mattine alle 6.00 quando apre i vari rubinetti dell'acqua fanno rumore. Cosa posso fare?

La situazione descritta non può essere oggetto di contestazione, considerato che si tratta di utilizzo necessario. A meno che il rumore non sia superiore alla “normale tollerabilità”, criterio indicato dal codice civile, nel qual caso si potranno utilizzare i consueti rimedi contro il rumore (azione giudiziaria ex articolo 844 del codice civile: nel caso, però, prima di procedere conviene sicuramente far misurare il rumore da un tecnico specializzato in acustica).

l vicino di casa ha installato un grill a gas (fisso) sul suo balcone. fa spesso grigliate, i cui odori si propagano sul mio balcone (a fianco al suo) ove stendo la biancheria (che poi devo rilavare) e all interno del mio appartamento. Che posso fare?

Ottenere una tutela efficace si rivela piuttosto difficile. L’art. 844 C.C. dispone che il proprietario si possa opporre alle immissioni (nella specie esalazioni) solo qualora superino la normale tollerabilità. Il concetto di tollerabilità è piuttosto “elastico”, soprattutto in ipotesi di immissioni “domestiche” e saltuarie, dove è difficile anche la dimostrazione di detta circostanza atteso che, eventuali testimoni, fornirebbero dichiarazioni “valutative” e, pertanto, inammissibili. Paolo Gatto, Associazione Liberi Amministratori Condominiali

Nel proprio giardino privato all'interno di un complesso condominiale e su cui comunque si affacciano diversi appartamenti è possibile lasciare gli escrementi degli animali domestici per piú giorni anche d'estate?

Posto che diversi appartamenti si affacciano sul giardino di proprietà privata non è consentito al proprietario di detto giardino abbandonarvi gli escrementi dei suoi animali domestici, dato che tale comportamento configura una violazione delle norme igienico–sanitarie, limita il diritto degli altri condomini di non subire insalubri immissioni e arreca pregiudizio al decoro del comparto edilizio notoriamente parte comune

Abito in uno dei tre appartamenti che costituiscono l'immobile, nell'appartamento accanto al nostro vive una famiglia che per usanza del proprio paese e' dedita ad una cucina "un po'" particolare... Gli odori sgradevoli invadono il mio appartamento e tenere le finestre aperte e' praticamente impossibile. A chi mi devo rivolgere per risolvere il problema? Ovviamente ho gia' fatto presente il problema, ahime' rimasto insoluto

Anche in questo caso sarebbe opportuno rifarsi al regolamento di condominio. Qualora nello stesso non esistano norme riguardanti i cattivi odori, sarebbe opportuno richiedere integrazioni al medesimo regolamento invitando tutti i condomini a osservare le norme in esso contenute. Molto spesso anche in presenza di norme specifiche non si riesce a definire il problema. Pertanto, in casi estremi chi è infastidito da rumori molesti e/o odori cattivi, può promuovere azione giudiziaria congiunta con altri condomini che si sentono lesi e attendere i tempi della giustizia che, prossimamente grazie alla conciliazione obbligatoria, avranno risoluzioni piú brevi e assolutamente piú economiche

Quali sono le norme a cui i condomini devono attenersi per i rumori arrecati ai vicini in relazione al funzionamento della lavatrice e al calpestio?

L’ipotesi rientra nella previsione dell’art. 844 c.c., riguardante le “immissioni”, per il quale “1. Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. 2. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.” Di conseguenza, è necessaria un’indagine caso per caso (non di rado con rilevazioni audiometriche) per verificare se i rumori lamentati sono legittimi in quanto “normalmente tollerabili” oppure illegittimi (perché superano la soglia di “normale tollerabilità”). In quest’ultimo caso è possibile ottenere una pronuncia giudiziale che ne impedisca la produzione. Resta naturalmente il problema di come ottenere l’esecuzione concreta della pronuncia, trattandosi di un obbligo di non fare.

Dal terrazzo che fa da tetto al mio appartamento si infiltra acqua nel soggiorno di casa mia ogni volta che piove molto. Il proprietario dell’ultimo piano non fa nulla, anche se gli ho inviato due raccomandate. Come mi consigliate di muovermi?

Dinanzi all’indicata inerzia non v’è altra soluzione che ricorrere al giudice per ottenere un provvedimento d’urgenza che ponga riparo al descritto inconveniente.

E' lecito posizionare sul balcone l'unità esterna di un condizionatore rivolta verso il balcone (comunicante con un vetro alto 2 metri e forato ai lati) del vicino. Il condizionatore dista circa 4 metri dalla finestra del vicino.

Supposto che il condizionatore, perché “mascherato” dal piano del balcone, non attenti al decoro dell’estetica del fabbricato, i problemi che può creare sono di due tipi: immissioni di rumore e esalazioni caloriche. In entrambi i casi è possibile il ricorso al giudice appellandosi all’articolo 844 del codice civile (immissioni che superano la normale tollerabilità). Ovviamente bisognerà incaricare un perito di parte che valuti nel concreto la situazione. Per quel che riguarda il rumore, la giurisprudenza concorda sul fatto è intollerabile quando supera di 3 decibel il rumore di fondo dell’ambiente (ma i condizionatori di ultima generazione sono in genere abbastanza silenziosi). Le esalazioni tendono a salire e non a spostarsi orizzontalmente. Forse un compromesso con il vicino, basato sul buon senso (diverso orientamento) è la strada migliore

In una palazzina di cinque piani alcuni appartamenti a piano terra con giardino privato si sono dotati di barbecue. Le emissioni dei barbecue obbligano gli inquilini dei piani sovrastanti a chiudersi in casa per evitare l'ingresso del fumo.C'è una norma che gli vieta di poterlo fare?

Ottenere una tutela efficace si rivela piuttosto difficile. L’art. 844 del codice civile dispone che il proprietario si possa opporre alle immissioni (nella specie esalazioni) solo qualora superino la normale tollerabilità. Il concetto di tollerabilità è piuttosto “elastico”, soprattutto in ipotesi di immissioni “domestiche” e saltuarie, dove è difficile anche la dimostrazione di detta circostanza dato che eventuali testimoni fornirebbero dichiarazioni “valutative” e, pertanto, inammissibili

Da 5 anni devo sopportare i solfeggi al piano forte del condomino sottostante il mio appartamento nelle ore piú impensate. Inutili raccomandate e invito ad insonorizzare la stanza dove si trova il piano oppure prendere strumento che consenta il suono in cuffia. La situazione non è piú sopportabile mia moglie si è ammalata di nervi. Come difendersi senza che passino altri dieci anni dando corso ad una azione civile?

Le immissioni sono tutelate dall’art. 844 c.c., e sono consentite purchè “non superino la normale tollerabilità”. Riteniamo che se nè l’educazione, nè le regole di buona convivenza, nonchè le lettera di diffida inviate hanno, in questi anni, sortito alcun effetto, l’unica strada percorribile rimane l’instaurazione di un’azione legale avanti l’Autorità Giudiziaria.

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